Nella foresta dei green shoots – gli ormai famosi «germogli della ripresa» – vive, ospitata con malcelato fastidio, la tribù degli scettici. Ve ne sono di due tipi: 1) quelli che non credono nei germogli, 2) quelli che ammettono che qualche germoglio possa esserci, ma che, alla fine, questo faccia poca differenza. Un inviato di Economia@Centroeinaudi è andato a trovarli.


Coloro che non credono nei germogli fanno notare che: 1) gli utili delle imprese statunitensi depurati delle poste straordinarie sono debolissimi; 2) le ore lavorate sono in forte discesa, e questo per ora trattiene l’occupazione; 3) i cinesi producono molta meno energia elettrica; 4) il petrolio naviga sulle petroliere senza mai sbarcare. I punti 1) e 2) ricordano che la borsa è cara e che la domanda dovrebbe alla fine flettere ancora. I punti 3) e 4) ricordano che l’entusiasmo per la ripresa dei paesi emergenti industriali e petroliferi è prematura.
 
Coloro che ammettono che può essere che qualche germoglio ci sia, ma che pensano che alla fine poco cambia, fanno un ragionamento più complesso. Essi hanno avuto nel corso del tempo molti capi – li cambiano spesso, come accade fra gli spiriti liberi. Ultimamente, è molto accreditato un economista brasiliano, Andrè Lara Resende, di cui riportiamo il pensiero (1).
 
Supponiamo che la banca centrale (BC) e il Tesoro (T) riescano a salvare il sistema finanziario (SF) in prima battuta e a ricapitalizzarlo in seconda. Che lo ricapitalizzino BC e T o il mercato (M) non fa differenza, il sistema è salvo. A quel punto SF è pronto per riprendere a erogare credito. Il credito lo chiedono le famiglie e le imprese. Le famiglie sono indebitate. E anche molto. Facile quindi che vogliano ridurre il debito. Invece di chiedere crediti a SF, riducono il debito. Ossia, aumentano il risparmio (consumano meno). Cade la domanda. Le imprese fanno quindi meno investimenti. In breve, il SF, pur risanato – come a suo tempo l’Unione Sovietica agli occhi dei comunisti – non svolge più un ruolo di propulsione (2).
 
Quanto maggiore è il debito, tanto maggiore è la crescita economica richiesta per farlo «digerire». Se la ripresa fosse molto forte e trascinasse di nuovo in su i prezzi delle azioni e degli immobili, il debito peserebbe meno e quindi scenderebbe il risparmio desiderato. Urge quindi, se si vuole ridurre il debito senza far fallire i debitori, e, dopo questi, i creditori, far partire la ripresa (3). Ma come? Se tutti risparmiano, perché molto indebitati, chi mai consumerà? L’estero e il settore pubblico. Quanto maggiore è la crescita della domanda estera, tanto minore il debito da emettere. La domanda estera non può che venire dai paesi emergenti. Ma verrà?
 
Dopo che Lara Resende si è pronunciato, nella tribù si è aperto il dibattito. La crescita economica sarà modesta, perché le famiglie statunitensi devono ridurre il debito. La minor domanda è bilanciabile fino a un certo punto dal settore pubblico. (Se il risparmio negli Stati Uniti arriva dallo 0%, dove era, al 5%, dove è, al 15%, dove fu prima della «bolla», il settore pubblico – per bilanciare i minori consumi – deve tenere il proprio deficit sopra il 10% per anni). Qui è intervenuto l’olandese Willem Buiter (si legge: Boiter), che ha gelato l’uditorio, da ore seduto intorno al fuoco (4).
 
I rendimenti delle obbligazioni possono non salire, se i paesi che emetteranno molto debito – soprattutto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – dichiarano che mai e poi mai permetteranno che il debito cumulato, venduto al pubblico e alle banche centrali estere, potrà essere eroso dall’inflazione. Che cosa possono fare per togliere ogni residuo dubbio? Emettere una gran quantità di obbligazioni indicizzate all’inflazione (5), ciò che renderebbe impossibile l’uso dell’inflazione per ridurre l’onere del debito. E se non lo fanno…


 


(1) http://blogs.ft.com/maverecon/2009/06/after-the-crisis-macro-imbalance-credibility-and-reserve-currency/#more-1831

(2)
 «As long as the non-financial private sector has excessive debt and remains willing to save in order to reduce its indebtedness, the only likely borrowers are precisely those who are unable to repay their debts. Only those who cannot honor their previous commitments will be willing to take additional loans to roll over their debt. The reduction of the leverage in the financial sector alone is not sufficient to restore the normal activity of the financial system. It is also necessary to reduce the indebtedness in the non-financial private sectors. Firms and households have to reduce their over indebtedness before the system can function again. It is not enough to restore the willingness of banks to offer credit, it is also necessary to have creditworthy individuals willing to borrow».

(3) «There is however a trade-off: the digestion of excessive debt of the private sector will take several years. Since the excess of debt is relative to income and GDP, the lower the rate of growth, the longer the required period of digestion. Or inversely, the stronger is aggregate demand, the higher the growth rate and the faster is the digestion of the excessive debt. This explains for the paradox of trying to stimulate consumption when the economy faces a monumental crisis provoked exactly by excessive debt and excessive consumption. A cartoon line best captured the spirit of it: “country addicted to speculative bubbles desperately searches a new bubble to invest in”».

(4) http://blogs.ft.com/maverecon/2009/06/fiscal-options-for-the-uk-sovereign-insolvency-inflation-or-serious-fiscal-pain/

(5) http://en.wikipedia.org/wiki/Inflation-indexed_bond