Mentre la Banca mondiale disegna per il petrolio scenari inesplorati nell’eventualità di un allargamento del conflitto in Medio Oriente, continua il calo del prezzo dei carburanti in Italia. Ma c’è una novità in più, per ora registrata a macchia di leopardo un po’ in tutta la penisola, che prende il sopravvento: il diesel torna a sorpassare la benzina. Questione davvero di pochi centesimi, ma accade. Per esempio nella catena di carburanti a marchio Conad l’ultima rilevazione del 26 ottobre segnala la benzina a 1,808 e il diesel a 1,828. Un divario che a inizio di questa settimana si è leggermente accentuato: benzina (1,768) diesel  (1,1,808). Ma è l’avamposto di un cambio di stagione sul mercato. Secondo l’elaborazione di Quotidiano energia sui dati girati al ministero dai gestori domenica mattina il prezzo medio della benzina in modalità self era 1,873 euro al litro (con una forbice tra 1,864 e 1,888, comunque in calo di 4 centesimi rispetto alla settimana prima) e il diesel a 1,866 euro al litro (con forbice tra 1,860 e 1,879).

Ritorno a febbraio

Un andamento destinato a cambiare per tornare indietro di più di un anno. Il primo sorpasso duraturo del gasolio sulla benzina risale infatti all’estate del 2022. Il 22 agosto. Un primo tentativo, nella primavera 2022, era durato pochi giorni. Dall’agosto 2022 invece il gasolio è costato sempre di più della super fino a febbraio di quest’anno, quando c’è stato il nuovo sorpasso. Un fenomeno –il diesel più caro della benzina - che gli esperti spiegano come un fenomeno che dipende dagli usi tipici dei diversi carburanti. Il gasolio ha un maggior campo di impiego rispetto alla benzina: dai cargo ai Tir, dai mezzi pubblici ai generatori che garantiscono produzione di energia in molte fabbriche. C’è stata anche una riduzione delle raffinerie che trasformano il greggio in diesel e anche questo incide sul prezzo.

Tre diversi scenari

Che accadrà in futuro? La Banca mondiale ha disegnato più di uno scenario, tenendo conto del nuovo conflitto nella striscia di Gaza. Ha detto il capo economista Indermit Gill: «Il conflitto in Medio Oriente si aggiunge al più grande shock causato dall’invasione russa dell’Ucraina al mercato delle materie prime dagli anni Settanta». Per ora il prezzo dall’inizio degli scontri a Gaza è salito del 6% secondo l’organismo internazionale ma potrebbe spingere nello scenario peggiore il greggio a salire tra 140 e 157 dollari, superando così il record toccato nel 2008 quando il petrolio arrivò a costare 147,5 dollari al barile. Ma, va sottolineato, questo nello scenario peggiore, che include un allargamento del conflitto all’Iran. Diversamente se l’impatto resta limitato le quotazioni del greggio potrebbero salire tra il 3 e il 13%, toccando come massimo i 102 dollari. Ma c’è anche un altro scenario, il migliore di tutti. Il petrolio potrebbe chiudere il trimestre del 2023 a una media di 90 dollari per poi scendere nel 2024 per effetto del rallentamento della crescita economica globale a 81 dollari al barile. Un calo che toccherebbe tutte le materie prime destinate secondo la Banca mondiale ad arretrare del 4%. E a Wall Street sembrano credere di più a quest’ultimo scenario. E infatti il petrolio, oggi, nel primo giorno di contrattazioni della settimana, è in forte calo: -2,9% con il Wti a 83 dollari e il Brent a 88 dollari.