La preoccupazione dilagante sulla variante inglese si basa sullo studio di prevalenza pubblicato il 16 febbraio dall’ISS. Lo studio è stato citato a più riprese, per esempio da Giorgio Parisi su Huff Post,  come la solida base scientifica dietro alle nuove ipotesi di lockdown totale.

Il teorema della variante inglese si basa sui seguenti presupposti:

  1. i casi da variante inglese aumentano in % sui casi totali
  2. la variante inglese è 40% più contagiosa delle altre varianti
  3. i casi da variante inglese si sommano ai casi della variante attuale, invece di sostituirsi

Sul primo punto: l’unico dato contenuto nello studio dell’ISS indica che la prevalenza nazionale della variante inglese rispetto alle altre varianti è del 17,8%, sulla base di una unica rilevazione effettuata il 4 e 5 febbraio. Sicuramente indica una prevalenza, ma un singolo numero non fa un trend, non possiamo concludere, tout court, che la prevalenza è in aumento.

Sul secondo punto: lo studio ISS cita l’articolo Estimated transmissibility and severity of novel SARS-CoV-2 Variant of Concern 202012/01 in England, il quale conclude che la variante inglese è caratterizzata da un aumento del numero di riproduzione R pari al 43% rispetto a tutte le altre varianti. Da notare che il numero di riproduzione R (anche R0) si riferisce all’istante iniziale della epidemia, quando tutta la popolazione è suscettibile. La successiva evoluzione, che viene tracciata con l’indice Rt, non è disponibile per la variante inglese, per mancanza di dati. L’unico collegamento con l’indice Rt è riportato nei seguenti diagrammi (ripresi dall’articolo), dove si nota un aumento dell’Rt medio a 7 giorni (in verticale), all’aumentare della prevalenza di variante inglese (in orizzontale). La correlazione si vede, ma come la mettiamo con il mai abbastanza ricordato “correlation is not causation”?

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Sul terzo punto, ovvero una nuova epidemia diversa che si somma alla prima: lo stesso articolo Estimated transmissibility and severity of novel SARS-CoV-2 Variant of Concern 202012/01 in England analizza cinque possibili fattori che possono spiegare l’incremento del numero di riproducibilità della variante inglese. Tra questi viene analizzata l’ipotesi di “immune escape”, ovvero che individui già contagiati da altre varianti siano comunque suscettibili alla variante inglese. La conclusione dello studio è che questa ipotesi è incompatibile con i dati a disposizione, piazzandosi all’ultimo posto come fit sui dati e al penultimo posto come capacità previsionale.

In conclusione, dei tre punti sui quali si fonda il teorema del lockdown, solo il secondo è, parzialmente, verificabile.

Quindi, prima di decidere di chiudere tutto, sarebbe meglio fare uno studio un po’ più approfondito che non limitarsi a contare le varianti inglesi in una due giorni italiana di raccolta dati e poi citare paper basati su dati inglesi di dicembre.

Intanto l’indice Rt che calcoliamo su Mondo Economico, è stabile sotto 1, variante inglese compresa.

Fonte: elaborazione di Stefano Terna per Mondo Economico su dati Protezione civile e ISS