1. Con il discorso al congresso federale della Spd (il partito socialdemocratico tedesco), tenutosi due settimane fa ad Augusta, in Baviera, il candidato alla Cancelleria Peer Steinbrück ha aperto la campagna elettorale attaccando frontalmente il capitalismo finanziario e l’economia di mercato.

Il che può sorprendere visto che Peer Steinbrück, uomo di centro, è stato sin qui molto vicino alla grande industria tedesca, tanto da essere accusato di fare del lobbismo a suo favore. Politicamente Steinbrück è nato ai tempi di Helmut Schmidt, quando i socialdemocratici governavano con i liberali. I toni del discorso del 14 aprile stridono con il suo passato di consigliere social-liberale e forse anche con alcune delle sue riforme (in particolare con la riduzione della tassazione societaria), attuate ai tempi della Große Koalition quando affiancava la signora Merkel come Ministro delle Finanze.

Steinbrück non ha parlato a braccio ma ha seguito un disegno molto ben concepito. Iniziando dalla fine ha esordito a effetto dichiarando: “Voglio diventare Cancelliere della Repubblica federale”. Raccolto lo stupore dell’uditorio, il discorso dell’aspirante Cancelliere si è sviluppato per circa un’ora e mezza. Nella prima parte,  Steinbrück ha fortemente marcato le distanze dalla Cdu (il partito cristiano-democratico) e dalla sua leader, la signora Merkel. Pare infatti evidente che solo una chiara differenziazione tra socialdemocratici e cristianodemocratici potrebbe portare nuovi elettori a una Spd agonizzante nei sondaggi. Di qui gli attacchi diretti alla Cancelliera e ai tanti fallimenti del governo cristiano-liberale.

A metà discorso, Steinbrück inaugura quella che si potrebbe definire la fase “teologico-fondativa” della nuova SPD post-schröderiana. A partire dall’ormai abusato riferimento alla “fine della storia” di Francis Fukuyama, il candidato socialdemocratico ripercorre un immaginifico percorso politico-culturale che, dalla caduta del Muro di Berlino fino all’attacco dell’11 settembre, avrebbe portato l’Occidente, Germania compresa, ad appiattirsi sul dogma dell’individuo razionale che massimizza il proprio profitto quale modello sociale virtuoso. Quel modello avrebbe permeato talmente la società da svuotarla completamente dei valori della solidarietà che soli possono dare luogo ad un sentimento di comunità, da cui il motto della campagna Das Wir Entscheidet il Noi a decidere).

2. La scelta di questo motto per segnalare la radicalizzazione a sinistra del partito non è priva di ironie, essendo stato il motto già impiegato in Germania da un’agenzia di lavoro interinale, tra i principali bersagli del programma appena deliberato dall’Spd. Ancora più curioso è il fatto che le restrizioni al lavoro interinale furono in buona parte cancellate proprio dall’ultimo gabinetto rosso-verde con le riforme Hartz. Così come fu il governo di Gerhard Schröder a ridurre progressivamente l’aliquota marginale più elevata dal 53 al 42 per cento.

Ora, proprio quando la Germania ha da tempo ripreso a crescere e la disoccupazione è drasticamente calata, l’Spd vuol tornare a inasprire la pressione fiscale. Questa volta l’obiettivo è redistributivo. Con il salario minimo fissato a 8,5 euro l’ora, in deroga cioè all’autonomia contrattuale delle parti sociali, si vorrebbe riequilibrare le differenze esistenti nei redditi da lavoro, garantendo che ciascuno possa vivere della propria attività. A una patrimoniale sarebbe poi affidato il compito di redistribuire la ricchezza, così poco equamente ripartita  secondo le ultime interpretazioni di uno studio della BCE offerte dall’economista Paul De Grauwe.

A innervare tutto il discorso di Steinbrück è quindi una retorica anti-capitalista che pare andare nella direzione opposta a quella presa nel 1959 al congresso di Bad Godesberg, quando vennero abiurate le idee comuniste. Non è dunque un caso che l’intervento più applaudito sia stato quello di una giovane imprenditrice, creatrice nel 2010 di un marchio eco-friendly chiamato manomama, lodata per aver assunto come operai emarginati e altre persone in difficoltà, rimanendo a lungo in perdita e arrivando solo lo scorso anno in attivo. Dell’imprenditrice in questione si ricordano frasi come questa: “Sentivo il bisogno di fare qualcosa per gli altri. Non sopportavo più l’idea di guadagnare tanto e comprarmi borse di Gucci”. L’obiettivo dietro questa tattica retorica è chiaro: mostrare quale sia il modello di impresa eticamente corretto e gettare discredito sui gusti di altri consumatori e sul modo di fare impresa di potenziali concorrenti. Eppure in una economia di mercato c’è spazio per tutti e l’iniziativa della signora in questione non ha nulla a che fare con un presunto modello alternativo di economia. Risponde semplicemente a gusti e preferenze differenti, ma sempre di mercato stiamo parlando.

3. Ma il candidato socialdemocratico mostra di aver una concezione molto particolare anche dell’eguaglianza, visto che è tornato a scandire lo slogan: “Salario uguale per lavoro uguale”. Uno slogan molto popolare tra gli elettori che difficilmente riescono a rendersi conto che il salario a fine mese, essendo un incrocio tra una domanda e un’offerta, può variare a seconda dell’orario, del luogo, del mese in cui la prestazione viene svolta, oltre che della produttività. Di fondo c’è un’idea statica e ingessata dei rapporti di mercato, tutt’oggi dominante nell’immaginario collettivo della Vecchia Europa. Più le proposte sono antieconomiche, più strappano applausi. Applauditissima quindi anche l’idea di calmierare gli aumenti sui canoni di locazione. Il prezzo, canale di informazione, segnala qualcosa (forse l’arrivo di una bolla?) e il politico di turno oscura quei segnali, nella speranza che, spostando la polvere sotto il tappeto, il pavimento torni ad essere pulito. Non funzionò ai tempi dell’imperatore Diocleziano e pare di poter dire che non è destinato a funzionare neppure con Peer Steinbrück. Anzi, è probabile che all’origine del rialzo generale dei prezzi vi siano politiche messe in campo dai governi precedenti. Il caso del salario minimo tedesco è palmare: i salari da fame dei parrucchieri denunciati dai sindacati sono da porre in diretto collegamento con un’offerta di manodopera ben superiore alla domanda effettiva.

Ma non finisce qui. L’almanacco delle incomprensioni prosegue. Prima con l’invito molto a proibire la speculazione finanziaria sulle materie prime. Poi, come se niente fosse, Steinbrück fa passare come genuinamente socialdemocratico il principio per cui rischio e responsabilità devono tornare a coincidere, evitando che alla privatizzazione dei guadagni corrisponda la pubblicizzazione delle perdite. In altre parole, uno dei capisaldi del capitalismo, soltanto perché di scarsa applicazione nell’attuale gestione della crisi europea, assurge improvvisamente a principio cardine della nuova socialdemocrazia.

Analizzare il discorso del leader socialdemocratico, insomma, è un’ottima occasione per tornare a chiamare le cose con il loro nome e per spiegare alle persone che cosa sia davvero il mercato e come funzioni, senza caricature di qualsiasi genere.