Lo scritto che segue è un'anticipazione online di quanto potete trovare sul numero cartaceo di Mondo Economico (novembre-dicembre 2022). Si tratta della seconda monografia che pubblichiamo sul tema Banche e Assicurazioni. Per acquistare la singola copia o scaricare in digitale il numero potete cliccare qui.  

 

Non ricordo la prima volta che ho dovuto fare un’assicurazione, forse per la mia prima auto di proprietà, una Dyane arancione che stava insieme per miracolo. All’epoca, possedere un’automobile del genere ti costringeva a entrare in quella specie di circolo vizioso che era il furto delle cornici dei fari che si applicavano a scatto, e dei tergicristalli che si sfilavano in un amen. Quando mi erano stati fregati la prima volta avevo provato a farmeli ripagare dall’assicurazione, ma “sfortunatamente” rientravano nei danni da teppismo, che non erano contemplati dalla mia polizza, oppure nella franchigia, che copriva più o meno metà del valore della macchina. Quindi, noi possessori di Dyane passavamo diverse notti girando con il cuore in gola, cercando un’altra Dyane parcheggiata alla quale fregare cornici dei fari e tergicristalli che l’assicurazione non ripagava mai.

L’esordio in banca

Il primo conto in banca l’ho avuto quando hanno cominciato a pubblicare i miei fumetti sul Mago di Mondadori. Non erano molti, ma si trattava pur sempre di soldi e andavano ficcati da qualche parte. Anche il mio rapporto con le banche non è mai stato un idillio. Forse anche peggio di quello con le assicurazioni. In sostanza passavo periodi di relativa calma, quando fatturavo parecchio e il conto era in attivo, ad altri di stress quotidiano, quando la cifra del mio estratto conto si avvicinava pericolosamente al rosso o, ancora peggio, allo scoperto. 

Le sole angosce della mia vita, angosce sincopate si potrebbero chiamare, visto che andavano e venivano, sono state causate da banche e assicurazioni. Premetto che, a parte quelli della pensione privata, dalle assicurazioni non sono mai riuscito a prendere un soldo. Per fortuna non mi è ancora successo un evento catastrofico che richieda un indennizzo davvero corposo, tipo una casa che ti crolla sulla testa; per il resto mi posso considerare una vittima dell’infame franchigia. 

L’incubo franchigia

Non ho mai capito perché esista la franchigia. Quando paghi una polizza assicurativa, i soldi glieli dai tutti quanti, non è che te ne tieni una parte per qualsiasi evenienza. Li vogliono sull’unghia, una banconota sopra l’altra. Ma quando ti devono indennizzare, guarda caso, c’è sempre la franchigia e tu non prendi un soldo. Se potessi contare il denaro che ho buttato in assicurazioni nel corso della mia vita, credo che potrei aprirne una tutta mia. Non so se qui da noi abbiano il potere che hanno negli Stati Uniti, dove se non ne hai almeno una sanitaria non puoi nemmeno pensare di curarti, ma è certo che le assicurazioni dominano le nostre vite, non puoi farne a meno: per la casa, per l’auto, per i viaggi, per i danni a terzi. Non sai se sperare che non succeda mai nulla oppure che arrivi un’inondazione per poterti riprendere un po’ dei tuoi soldi. Franchigia esclusa, beninteso.

L’avviso a tempo scaduto

E poi ci sono le scadenze. E uno se ne dimentica sempre, specie delle assicurazioni che hai stipulato in un momento di distrazione e cinque minuti dopo eri già pentito. Ti dici che darai la disdetta l’anno seguente, tre mesi prima, come da contratto, ma poi te ne dimentichi e crepa se quelli ti spediscono un avviso per ricordartelo. Cioè, l’avviso te lo mandano, ma arriva un giorno dopo la scadenza ed è la quietanza che devi pagare per rinnovare un’assicurazione che avresti voluto disdire.

Per non parlare delle banche. Se avessi potuto, della banca ne avrei fatto volentieri a meno; i miei pochi soldi li avrei piuttosto tenuti sotto al materasso. Le banche, per me, sono solo fonte di preoccupazioni. Tra l’altro, c’è una cosa che non capisco: tu gli affidi tutti i tuoi soldi, loro ne fanno quello che vogliono, li investono, probabilmente ci guadagnano e tutto questo te lo fanno pagare. In linea di massima dovrebbe essere una cosa alla pari, no? Io deposito i miei soldi, tu li usi come meglio credi, io non ci metto il becco, e quando, per esempio, devo pagare l’assicurazione, me ne dai un po’ e amici come prima. Invece è come se uno prestasse l’auto a un conoscente e lui, invece di restituirla con il pieno, si facesse pure pagare.

Il resoconto, questo sconosciuto

In questo campo, comunque, io sono partito già in svantaggio; nella mia vita non ho mai avuto una sufficienza in matematica e questo è un peso che bene o male mi porto dietro. Leggere gli estratti conto, quando ricordo di farlo, è come avere davanti un trattato in cinese. Per non parlare delle polizze assicurative o dei contratti per un mutuo. Non è proprio il mio mestiere. Per evitare il contatto con tutto ciò che riguarda banche e assicurazioni, dovrei essere immensamente ricco e avere un segretario personale di cui mi fido ciecamente, non avido, e che abbia i miei interessi (e di conseguenza i suoi) come obiettivo primario.

Invece non è così, nessuno mi dà una mano e tocca farlo di persona. È proprio in questi casi, quando ti rendi conto che banche e assicurazioni non le potrai mai evitare, che ti viene in aiuto la bottiglia. Per fortuna esiste l’alcol.