3. Il discorso narrativo si distingue dal discorso argomentativo per il fatto che le narrazioni sono truismi validi sempre e comunque mentre le argomentazioni devono essere dibattute nel merito.

Già qui si potrebbe notare un primo problema per Obama. In uno spazio politico dove l’avversario narra, non è né facile né efficiente argomentare. O meglio, opporre argomentazione a narrazione funziona per shock, ma lo shock, in genere, funziona appunto una volta sola. E, in effetti, non è impossibile sostenere che il successo discorsivo di Obama nel 2008 funzionò proprio per contrasto. Non pochi rimasero stupiti da un candidato che ai racconti opponeva gli argomenti.

Sarebbe però sbagliato pensare che il successo fu il semplice risultato di una scelta tattica. Nei mesi che seguirono l’elezione di Obama il neo-eletto presidente fece di tutto per trovare nei Repubblicani interlocutori con cui discorrere in modo responsabile.

Ma è stato proprio il loro reiterato rifiuto a causare l’attuale problema in cui si trova Obama. Se vuole essere rieletto, il Presidente deve smettere di dire che dialogherà con gli avversari in modo responsabile e iniziare anche lui a usare le tecniche narrative che servono a ispirare la propria base elettorale. Non si può in eterno raccontare di voler discutere con un muro.

Riuscirà “il primo Presidente di colore degli Stati Uniti d’America” a convincere gli americani di avere una visione politica oltre che a essere l’incarnazione di un sogno? Vedremo nel prossimo anno se Obama riuscirà a trasformarsi in un politico capace di esprimere una “narrative” convincente o se continuerà a rimanere un enigma per i suoi stessi elettori.