2. È difficile, e sarebbe comunque sbagliato, dare dello sprovveduto ad Obama per non aver saputo trovare sin dall’inizio una “narrative” in cui riassumere la sua visione politica.

C’è chi ha sostenuto che era forse dai tempi di Lincoln che non si udivano comizi come quelli fatti da Obama nel 2008. Ma forse il problema è proprio quello. Non viviamo più nell’epoca del discorso orale ben fatto, tanto che sono in pochi oggi ad apprezzare il genere. Viviamo piuttosto nell’epoca del “sound bite”, del microfono acceso per pochi secondi alla volta.

La tecnica del racconto narrativo fu sviluppata proprio per ovviare a questo problema. Spesso in televisione (ma anche alla radio e, perché no, su internet) c’è solo il tempo di dire due parole. Tanto vale dire una frase semplice che in pochi tratti possa esprimere una visione politica generale. Le “narratives” servono a far questo, proprio perché non sono un racconto vero e proprio ma un rapido susseguirsi di parole chiave.

Il punto è capire perché Obama ha deciso di non usare la tecnica delle “narratives”. Non basta cercare la ragione nell’obsolescenza della parola chiave “comunista”: in fondo, avrebbe potuto semplicemente inventarne un’altra. Se non l’ha fatto è forse perché Obama davvero non crede alle “narratives”, ovvero potrebbe darsi che in fondo la non-narratività di Obama derivi dal fatto che alle “narratives” preferisce gli “arguments”, gli argomenti che servono a convincere un interlocutore della plausibilità delle proprie ragioni.