La saga di Berlusconi continua, mentre sarebbe giunto il momento che, per il bene del paese, terminasse. Continua per la tenacia dell’interessato e per la miopia degli avversari. Per farla finire, c’è chi chiede, con sempre maggiore insistenza, soluzioni ad hoc, come se l’unicità irripetibile del personaggio non potesse essere risolta se non con altre leggi ad personam e altre soluzioni discrezionali. Ma è giusto far finire la vicenda politica di Berlusconi con un atto di clemenza, con un salvacondotto, con qualcosa insomma che possa definitivamente far calare il sipario su di una vicenda sempre più umana e sempre meno politica?
1. Per parlare di salvacondotto, o di atto di clemenza, o di qualsiasi altro meccanismo si voglia trovare per mettere la parola fine alla carriera politica di Berlusconi, occorre prima stabilire perché Berlusconi meriti un trattamento speciale. La cosa non è di palmare evidenza, e difatti non c’è occasione in cui Epifani non la denunci come impensabile.
Chi chiede un salvacondotto da destra, ritiene invece che Berlusconi sia stato perseguitato dalla magistratura, che lo ha inquisito ogni qual volta ha potuto. Come ha dichiarato Fabrizio Cicchitto, “anche nel Pd sanno che c’è stato un evidente accanimento che, purtroppo, noi del centro destra non abbiamo saputo contrastare nella maniera giusta, fino a arrivare a questo dramma che oggi rischia di portare il Paese al disastro”.
Chi difende questa posizione - indifendibile - fa notare che in molti casi, se l’imputato non si fosse chiamato Berlusconi, non vi sarebbe stato processo, o condanna, come quella - inverosimile - a tre anni per essersi avvalso dei servigi di escort minorenni. Questa posizione è indifendibile perché presuppone una elasticità nell’applicazione della legge che se anche vi fosse non dovrebbe esserci. Non è perché forme di reato vengono ampiamente occultate in coni d’ombra o tollerate in zone grigie che si dovrebbe concedere a Berlusconi un salvacondotto. Non è enunciabile, e non è ricevibile.
2. Chi esige che Berlusconi sconti per intero la pena perché «la legge è uguale per tutti», ha ragione in punta di diritto, ma fa finta di non sapere che Berlusconi è il leader di un partito politico alla testa del quale ha più volte, e personalmente, vinto le elezioni. Questa è una cosa che nessuno può seriamente far finta di non sapere, ed è questo il problema: a un ex primo ministro bisognerebbe portare il rispetto che merita, solo che, appunto, è difficile portare rispetto a un uomo che ha infangato il ruolo e la funzione pubblica da lui occupata con comportamenti da postribolo.
Qui ci potremmo dilungare sui “se” e sui “ma” di ogni discorso ipotetico che volesse trovare alternative al presente nel passato. (Se Berlusconi si fosse dimesso per tempo; se l’opposizione lo avesse travolto alle urne invece di uscirne travolta; se non fosse stato più volte e in vario modo salvato da Bicamerali, lodi, etc.) Ma ciò non cambierebbe nulla del presente perché il passato è immutabile. Siamo in panne e non sappiamo come venirne a capo. C’è chi gongola al pensiero di un Berlusconi umiliato ai domiciliari o ai servizi socialmente utili e c’è chi trema pensando agli anni che dovranno passare ancora prima che il problema passi, e si possa iniziare a pensare ad altro, come al bene del paese, per dirne una.
3. Non so dunque quale strada percorreremo ancora una volta tutti insieme nei prossimi mesi alla disperata ricerca di un’uscita da questo vicolo cieco. Vorrei solo sottolineare una cosa. Che chi ne esce peggio in tutta questa vicenda - secondo solo a Berlusconi - è un sistema politico incapace di fare a meno di Berlusconi. Perché è questa la triste verità. Il Pdl non può fare a meno del paperon de paperoni che l’ha fondato, e i suoi avversari paiono aver bisogno di un avversario da demonizzare per tenere unite le loro sempre più demoralizzate truppe.
Partendo da qui potremmo forse aggiungere una cosa. Sia a destra che a sinistra si aspetta la dipartita della singolarità irripetibile del personaggio Berlusconi per fare un po’ d’ordine in casa propria. Come se con lui presente sulla scena non fosse possibile. Con Berlusconi ancora in campo il Pdl non riesce a trovare un leader capace di condurre il partito oltre la difesa degli interessi del fondatore. Chi ci ha provato non ha concluso nulla, e non mi riferisco ad Alfano, la cui consegna era proprio quella di non fare un passo. Oggi Fini e Casini sono in vario modo fuori dalla politica, e sono fuori dalla politica perché hanno tentato di far fuori Berlusconi e non ci sono riusciti. Ma anche a sinistra, con Berlusconi in campo, non si è giunti a nulla, quasi che la parentesi in cui ci troviamo - questa lunga pausa della Repubblica - dipendesse solo de Berlusconi, e non dal fatto che nessuno è riuscito a scalzarlo, o a vincere le elezioni, o a renderlo in qualche modo irrilevante.
È per questo che è giunto il momento che la saga di Berlusconi abbia termine: la sua presenza è diventata la scusa per continuare a languire nel nulla. Forse è per questo che occorrerebbe il salvacondotto. Ed è forse per questo che alla fine potrebbe anche non riceverlo. Non conviene a nessuno dei capi-bastone dei grandi partiti, perché il loro bene e quello del paese ormai non coincidono più. È triste dirlo, e può sembrar qualunquismo. Ma purtroppo, a questo punto, è anche un dato di fatto incontrovertibile. A loro converrebbe prolungare ancor di più la vita politica di Berlusconi per prendere altro tempo e manovrare ancora nella speranza di riprendere quota: “annacquando” Renzi; “digerendo” Grillo; “sfiancando” Monti e comunque deludendo chiunque avesse pensato si potesse cambiare per il bene del paese. A questo martoriato paese converrebbe che Berlusconi e l’antiberlusconismo che ingenera se ne andassero al più presto. Sostituiti da una destra credibile e da una sinistra in grado di batterla, e non solo a parole.
© Riproduzione riservata