La sentenza della massima Corte sulla controversia Fiat-Fiom era, a mio avviso, un atto dovuto. Non sono sorpreso che i giudici costituzionali abbiano stabilito che i lavoratori abbiano diritto di associarsi in sindacati e di scegliersi il sindacato, mentre l'azienda non può con il suo comportamento scegliere di fatto il sindacato dei propri lavoratori.
Tutto bene, quindi. Non proprio. La Costituzione così è salva e le libertà dei lavoratori altrettanto. Ma le condizioni dell'economia lo sono un po' meno.
Se la sentenza non mi sorprende, dunque, come uomo medio non posso non essere sorpreso che in Italia un imprenditore non possa fare accordi sindacali simili o pari a quelli che può stipulare non in paesi emergenti che non tutelano i diritti dei lavoratori, ma in economie liberali sviluppate come gli Stati Uniti d'America, dove per inciso il reddito complessivo e quello dei lavoratori è maggiore che in Italia.
Se, cioè, non possiamo allineare le condizioni del mercato del lavoro a quelle del paese più sviluppato, economicamente e civilmente, di tutto l'occidente, allora c'è qualcosa che non funziona.
E questo - per semplificare - è il fatto che i sindacati
hanno in Italia un potere che va ben oltre la propria funzione. I sindacati presiedono gli enti previdenziali. Sono gli ispiratori della politica pensionistica e del welfare state italiano, arrivato assurdamente a pesare il 30,5 per cento del Pil. Sbarrano qualunque riforma dell'impiego pubblico, dove non esistono neppure regole di mobilità (non fraintendetemi, non intendo il licenziamento ma lo spostamento dei lavoratori) se non volontaria. Si abbeverano di finanziamenti semplificando con i CAF la burocrazia che quando sono dall'altra parte della barricata, generano.
Se si andasse a vedere come si finanziano, scopriremmo che le tessere dei lavoratori sono una piccola parte. Formazione, CAF, patronati, i sindacati sono ormai incardinati nello Stato.
Tutta colpa dei sindacati, allora! Niente affatto: tutta colpa di Confindustria. Sì, perché quando la casa è piena di topi, non è mai colpa dei topi, ma del gatto di casa. E' lui che non funziona. Il gatto di casa, l'antagonista, dorme. A vedere la questione su un arco di tempo importante, tutto ha inizio più o meno all'inizio degli anni novanta.
La Banca d'Italia, nel tentativo di preparare il paese all'euro, ossia ai cambi fissi e irrevocabili, invocò la concertazione in luogo del conflitto, quale meccanismo di controllo del tasso di inflazione attraverso una politica dei redditi concertata tra le parti sociali e il governo. Seguirono gli accordi confederali del 1993 e in COnfindustria si chiuse quasi d'improvviso l'epoca dei falchi. Mortillaro venne più o meno pensionato, non serviva più, e in Confindustria cominciarono a succedersi vertici assai poco in tema con lo sguardo arcigno dell'aquilotto.
L'obiettivo di Confindustria si spostò dall'antagonismo sindacale alla lobby legislativa, per carità in funzione della crescita. Ma così, mentre il gatto dormiva, il topo dilagava nel formaggio. Prova sia che si chiuse l'epoca di presidenze fortemente caratterizzate dall'impegno nella propria azienda per aprirsi l'epoca di presidenze che studiavano durante l'incarico come fare a procurarsi posizioni importanti, in banche, aeroporti, società pubbliche o a controllo pubbliche.
Tra il 1999 e il 2013 la produttività del lavoro in Italia è stata costante (+3% in 13 anni), qualcuno sa spiegare come sia possibile che tutti i contratti di lavoro abbiano distribuito incrementi salariali e oneri aggiuntivi non giustificati dal valore del prodotto? Facile, gatto e topo si erano alleati e insieme avevano fatto il buco nel formaggio.
Ah, dimenticavo, c'era la terza parte della concertazione, ossia il governo: intento a galleggiare. Quando di centro sinistra dilaniato internamente. Quando di centro destra totalmente dimentico delle sue radici culturali e degli interessi dei gruppi sociali rappresentati.
Per concludere, la giusta sentenza della Corte Costituzionale è il segno che la stagione della concertazione è conclusa per evidente fallimento della stessa. La Confindustria deve tornare ad essere l'antagonista del sindacato e cessare di cercare vantaggi propri in cambio dei vantaggi concessi al sindacato. Se no, l'unico modo delle imprese per tornare produttive sarà di cercarsi un altro posto dove lavorare.
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