1. Barack Obama è nato sotto una buona stella. L’economia è in ripresa e gli avversari che si contengono la nomination repubblicana non paiono costituire un ostacolo insormontabile.

Ma c’è un problema. Avendo perso il polso della base democratica nel tentativo (vano) di condurre una politica al di sopra delle parti ed avendo perso un discreto numero di elettori indipendenti nella condotta (inevitabilmente blanda) dell’ordinaria amministrazione, Obama deve poter contare sulla debolezza del suo avversario per poter vincere. Ma quanto debole sarà il contendente repubblicano doppiata la boa del Super Tuesday?

2. È ancora presto per dirlo, ma fra qualche giorno lo sapremo con più esattezza.
Se dovesse vincere a sorpresa uno degli avversari di Mitt Romney, la partita sarebbe virtualmente chiusa. Solo il ristretto numero di partecipanti alle primarie può spiegare l’exploit del conservatore sociale di matrice religiosa Rick Santorum. Qualora venisse effettivamente nominato riuscirebbe in un sol colpo a galvanizzare la base democratica, repellere gli indipendenti e perdere anche quello che rimane dei repubblicani moderati.
L’ipotesi di una poderosa rimonta di Newt Gingrich è una pura ipotesi di scuola, ma se si dovesse verificare porterebbe alla nomination un uomo dal carattere ferino, chiacchieratissimo e inconcludente. Carne da macello nelle mani di David Axelrod, lo spietato stratega di Obama.
 
3. Così, probabilmente, vincerà il candidato che doveva vincere fin dall’inizio: Mitt Romney. Ma quando taglierà il traguardo, Romney sarà un candidato effettivamente depotenziato. Il tentativo di portarlo a destra è pienamente riuscito. Ciò che rendeva Romney eleggibile era proprio la moderazione. Per correre dietro a Gingrich prima e a Santorum poi, Romney ha perso i tratti che lo rendevano attraente agli indipendenti: la sua prossimità al mondo della finanza e la disponibilità a tollerare morali diverse dalla sua. In buona sostanza, per galvanizzare la base repubblicana ha perso gli indipendenti.
 
4. Pertanto, sia Obama che Romney hanno il problema di come mobilizzare l'elettorato del proprio partito senza perdere indipendenti. Romney è più debole di Obama nell’attrarre indipendenti, ma come si è detto Obama non è messo tanto meglio.

E la situazione potrebbe anche rovesciarsi. Se Romney dovesse essere percepito dagli indipendenti come un “under dog”, uno che ce la mette tutta partendo da una posizione di svantaggio, si potrebbe innescare anche un moto di simpatia pari, se non superiore, all’antipatia provata da molti indipendenti verso Obama.
 
5. Alla fine l’America è divisa in due come quasi tutti i paesi di democrazia liberale all’alba del ventunesimo secolo. A fare la differenza sono gli indipendenti, quelle persone che decidono per chi votare all’ultimo minuto. Non si sa che cosa motivi veramente questa fascia elettorale, se il buon senso o l’emotività.

Ma una cosa è certa. Obama dovrà sudare sette camicie per farsi rieleggere, anche contro un avversario debole. E sempre che l’economia regga. È per questo che in questi giorni gli strateghi di entrambi i partiti tengono il cannocchiale ben puntato verso la Grecia. Dovesse andare in default, i giochi sarebbero riaperti, e non in favore del Presidente più “europeo” che gli Stati Uniti abbiano mai avuto.