Le critiche che importanti corpi della pubblica amministrazione hanno rivolto alla manovra economica per il 2026 sono state accolte con palese fastidio da esponenti del governo: “loro possono farlo”, quasi si trattasse di atti irresponsabili o di gentile concessione loro elargita.
Proviamo a leggere che cosa hanno scritto Banca d’Italia, Corte di conti, Istat e Ufficio parlamentare di bilancio, analizzando in modo valutativo le carte della manovra, cosa che “possono fare”, ma soprattutto “devono fare”, se adempiono alle loro funzioni di istituto.

Gran parte delle dichiarazioni lette a proposito e a sproposito di quelle osservazioni, in particolare di quelle della Banca d’Italia e dell’Istat, provengono da chi quei documenti di analisi palesemente non li ha proprio letti. Proviamo noi a esaminarli.[1]
Nella sua audizione del 6 novembre 2025, la Banca d’Italia ha osservato che: «Molti interventi “hanno natura transitoria” e (...) ciò può ridurre l’efficacia programmatica della manovra nel medio periodo». Sulle rottamazioni fiscali: «(...) la nuova rottamazione comporterà una perdita di entrate di circa 1,5 miliardi di euro nel 2026 ... e di mezzo miliardo nel biennio successivo». Sul taglio IRPEF, che ha determinato molto rumore mediatico: «(...) le misure sul taglio dell’IRPEF (...) alleggeriscono il carico fiscale (...) anche se limitatamente ai contribuenti sopra 28.000 euro ...». Sulla sostenibilità: «La manovra (...) non modifica sostanzialmente l’indebitamento nel 2026 (...) comporta un aumento moderato del disavanzo nel 2027‑2028».
In super sintesi, Bankitalia giudica la manovra temporanea e poco incisiva: la rottamazione peserà sui conti, il taglio dell’IRPEF favorisce solo i redditi medio-alti e il disavanzo tornerà a salire dal 2027. In altre parole, tenuta nel breve periodo, ma scarsa visione di medio termine.

L’Istat, dal canto suo, ha indicato problemi di equità: «... oltre l’85% delle risorse derivanti dal taglio Irpef andrà alle famiglie con redditi medio‑alti e alti (...). Il guadagno medio varierà da 102 euro per le famiglie con redditi più bassi a 411 euro per quelle con redditi più elevati». E ancora: «La riduzione di due punti dell’Irpef premierà di più solo l’8% di una platea di 13 milioni di lavoratori (...) a questo otto per cento andrà quasi la metà dei 2,7 miliardi stanziati». Vale a dire che una piccola minoranza dei lavoratori e dei pensionati riceverà una parte consistente delle risorse stanziate, sollevando dubbi sulla reale equità della misura.

La Corte dei conti segnala che «... la riduzione della seconda aliquota Irpef è pensata per i contribuenti sopra 28 mila euro, ma gli effetti maggiori si producono per i contribuenti con reddito pari o superiore ai 50 mila euro». Sulla rottamazione: «... favorisce chi è stato inadempiente rispetto ai contribuenti che hanno pagato regolarmente». La Corte segnala anche criticità su equità, trasparenza delle coperture e qualità delle misure fiscali.

Anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) ha valutato la manovra con non poche perplessità: «Gli effetti sull’economia italiana si confermano modesti.» Riguardo al taglio IRPEF: «(...) un beneficio medio di 408 euro all’anno andrà ai dirigenti; 123 agli impiegati; 23 agli operai». Sulle rottamazioni: «La reiterazione di misure di definizione agevolata (...) non sembra (...) aver inciso sulle inefficienze della riscossione coattiva (...) rischio di riduzione della tax compliance», cioè della disponibilità, sempre piuttosto ridotta, a pagare le tasse. Nell’insieme, effetti quasi inesistenti sull’economia, taglio dell’Irpef che premia i vertici e lascia le briciole alla base, e rottamazioni che continuano a indebolire la cultura del pagamento delle tasse. In sintesi: tanta spesa, poca crescita e un segnale sbagliato ai contribuenti.

Si sono sbagliati tutti e quattro? Forse no.
Da tre anni il governo racconta agli italiani di avere rimesso in carreggiata un paese che prima sarebbe stato alla deriva: crescita rilanciata, conti risanati, tasse tagliate, investimenti rifioriti, fiducia dei mercati riconquistata. È una narrazione muscolare, nella quale ogni scelta è presentata come “storica”, ogni misura “epocale”, ogni manovra “la più importante degli ultimi decenni”. Confrontando questa costruzione retorica con le analisi puntuali che abbiamo riportato, emerge un quadro molto diverso: non un’Italia raddrizzata, ma che procede in modo incerto, sostenuto da misure provvisorie, parziali, e talvolta contraddittorie.
Quelle quattro istituzioni non parlano con toni di parte: descrivono, analizzano, segnalano. E ciò che segnalano quest’anno converge in una diagnosi sorprendentemente omogenea: la manovra è modesta nella visione, diseguale nella distribuzione, fragile nella copertura, debole negli effetti di crescita. Non esattamente il ritratto del Paese “raddrizzato” che la maggioranza rivendica.

La coalizione di governo si presenta come rappresentante del “popolo”, dello “zoccolo produttivo”, dei lavoratori e delle famiglie che “non ce la fanno”. La manovra 2026 è lontanissima da quella retorica, che dovrebbe presupporre maggiore coesione sociale, non una spaccatura crescente tra chi guadagna di più e chi vive nei sacrifici.
Infine, i quattro organismi istituzionali convergono sulla critica alle rottamazioni ripetute, che minano la credibilità dello Stato. Se chi non paga viene premiato regolarmente con sconti, cancellazioni e dilazioni, mentre chi paga subito non riceve alcun riconoscimento, il risultato è un messaggio chiarissimo: conviene non pagare. Lo Stato non rincorre gli evasori: promette rigore e poi concede condoni.
Il punto politico è che la manovra non solo è insufficiente, ma soprattutto lo è rispetto alla narrazione grandiosa che il governo fa di sé stesso. Se una maggioranza dicesse: “Siamo in difficoltà, facciamo quello che possiamo, a piccoli passi”, sarebbe una valutazione onesta, coerente con le misure. Ma non è questo il caso. Siamo davanti a un governo che presenta come eccezionali misure che gli stessi tecnici qualificano come ordinarie; che parla di svolta mentre rinnova condoni; che promette sostegno ai lavoratori mentre concentra i benefici altrove; che si dice custode dei conti mentre aumenta il disavanzo negli anni successivi.
È la manovra di un Paese che continua a galleggiare.
E per finire, un bel condono edilizio non si nega a nessuno, ma questa è un’altra storia…

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Apriamo ora la nostra preziosa musical box, ringraziando chi – con la musica e la verità nella mente – ne predispone il carillon: a proposito di storie, Holden Caulfield (il sedicente protagonista del romanzo di Salinger) conclude la sua così: “Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti”. Questa però non è letteratura. E nessuno sentirà la mancanza di coloro che raccontano un presente trionfale ed elargiscono promesse future senza fondamento.
La letteratura è fatta di parole. Le manovre di numeri. I numeri - testimoni deboli finché si vuole ma alla fine oggettivi - inchiodano alla realtà. Tornando alle parole, il termine “narrazione” ha assunto negli ultimi tempi un significato negativo, come se sottintendesse che si tratti di “frode in discorso”. La narrazione ha invece qualcosa di antico e nobile. Comincia da Omero e arriva ai saggi semianalfabeti di campagna che, seduti davanti alla stufa o nella stalla, sapevano ammaliare. I grandi jazzmen ne sono i depositari musicali. “Qual è la tua storia?” chiedevano. Nella storia di ognuno stava un frammento di autenticità. Così per cercare di avere un’idea di che cosa significhi raccontare una storia, prendiamo ad esempio Massimo Urbani. Musicista italiano, maestro sfortunato del sax alto come Charlie Parker, al quale lo hanno accomunato una vita tormentata ed una morte troppo precoce. Ascoltando le sue storie, non si può fare a meno di sentirne la mancanza.[2]

 

[1] Documenti online:

Banca d’Italia: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2025/Balassone_audizione_06112025.pdf
Istat: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2024/11/Istat-LDB-2025-05-novembre-2024.pdf
Corte dei conti: https://www.corteconti.it/HOME/Documenti/DettaglioDocumenti?Id=ec5f1335-f06f-4b42-a23c-fb202af315b8
Ufficio Parlamentare di Bilancio: https://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2025/11/Audizione-UPB-DDL-bilancio-2026.pdf

[2] https://youtu.be/QLo74weKw7o?si=Odmt5avUZ2NxExBo