Secondo voi, quello del politico è un lavoro o un servizio civile? Perché c’è differenza. Non tutti i lavori comportano nella sostanza l’eventualità di un sacrificio, ma alcuni sì. Non c’è obbligo di disponibilità al sacrificio per l’impiegato del catasto (non me ne voglia) e neppure per il funzionario di una multinazionale di import-export di pomodori. Mentre c’è richiesta di disponibilità al sacrificio in numerosi mestieri, che vanno dal medico (per il quale il giuramento di Esculapio continua a valere anche quando esce dalla camera operatoria), agli agenti di pubblica sicurezza, a tutti i militari, così come al personale della protezione civile. Il livello di sacrificio che può essere richiesto varia, ma arriva fino a quello della vita. Normalmente il mercato non riconosce un premio di rischio ai salari di queste persone, e ciò è un’evidente distorsione del mercato del lavoro, anche perché redditi lucrosi sono riconosciuti invece a lavori qualche volta banali (prendiamo il caso dei commessi del Senato?).
Bene, quello del politico è un lavoro del primo tipo (ossia che non richiede sacrificio) o del secondo (che può richiederlo?). Perché se siamo tutti d’accordo che sia un lavoro del primo tipo, allora quello che sta succedendo non dovrebbe sorprenderci. Succede infatti che, mentre la situazione finanziaria italiana continua a essere in bilico, perché dobbiamo prendere a prestito mal contato 1 miliardo al giorno, chiedendolo a mercati che ogni giorno si devono convincere che lo rivedranno, e mentre le notizie dell’economia reale sono che la recessione sta continuando e che i disoccupati sono troppi e aumentano... succede che la politica stia pensando a se stessa. I neo eletti, infatti, stanno pensando a regolare i conti. M5S continua l’assedio ai partiti, dimenticando che adesso è un partito, che ha dei voti e dei seggi veri, e una funzione da esercitare dentro le istituzioni, ma non vuole ricoprirla. È sicuramente rivoluzionario, non è detto che sia per il bene pubblico però.
Il Pd sa di essere il partito senza il quale non si governa (ha la maggioranza assoluta della Camera bassa) e da una parte lancia una proposta bocciata in partenza mentre dall’altra chiude all’unico partito con cui potrebbe lavorare. Infine il Pdl sa perfettamente che l’ostacolo principale è l’ingombro dell’ex premier, che dopo il successo elettorale potrebbe benissimo fare un passo indietro, anche alla luce degli ultimi avvenimenti, e non lo fa. Anzi, il Pdl forse va in piazza, per aiutare e sostenere il suo leader. L’economia, ossia quello che succede nel paese reale nel quale 4 giovani su 10 sono senza lavoro e i suicidi o gli omicidi dovuti alla crisi sono all’ordine del giorno, passa per tutti in secondo piano. Nessuno subordina il proprio avvenire, la propria carriera, il bene del proprio partito al bene dello Stato e dei cittadini. Se i pompieri si comportassero così, decine di persone all’anno morirebbero tra le fiamme. Vorrei che i politici si chiedessero: “Ci sono le fiamme. Adesso. Salviamo il paese o pensiamo a noi stessi?”.
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