Il voto operaio, nell’anno duemiladodici, deciderà il prossimo presidente di Francia. Dopo una campagna elettorale scandita dalla chiusura economica, dal protezionismo sui beni e ora sulle persone (1), ora la caccia è a quel corpo elettorale operaio e delle campagne che ha votato per Marine Le Pen.
Non deve stupire che gli operai francesi abbiano votato un partito di estrema destra. Nel 2007 votarono in massa l’attuale presidente, Nicolas Sarkozy, ed è proprio il suo mandato poco “operaio” che è stato punito al primo turno delle elezioni, il 22 aprile. Per il ballottaggio del 6 maggio, dove Sarkozy si gioca tutto contro il leader socialista, François Hollande, vincitore del primo turno, quel 20 per cento di voti andato a Le Pen è decisivo – ed è in buona parte voto operaio. Come è facile intuire, questo elettorato può votare Hollande: la sinistra dovrebbe essere il bacino d’accoglienza principale, se non fosse che questa è la Francia.
Ecco perché il leader socialista investe sulla retorica che lo accomuna con il Fronte nazionale di Le Pen: l’anti europeismo, il blocco dei cittadini stranieri che sono, soprattutto, lavoratori stranieri che impattano su un dato disoccupazionale preoccupante (2). Gli operai temono l’Europa (nel 2005 votarono contro il referendum sul Trattato costituzionale europeo, che fu bocciato dalla Francia intera), temono l’immigrazione specializzata soprattutto europea (Le Pen non è entrata nello specifico, l’immigrato è immigrato, anche se la retorica del Fronte è più rivolta agli stranieri dal nord Africa), e sono molto arrabbiati con Sarkozy. Il presidente aveva fatto promesse di benessere che non sono state mantenute, e la collera della forza lavoro è molto forte. Il Monde, giornale della gauche, ha pubblicato (purtroppo è tutto a pagamento) molti grafici e reportage che spiegano il perché di un voto tanto eccentrico (pure se anche in Italia molti operai votano la Lega: la disaffezione nei confronti dell’establishment supera le barriere ideologiche, anche quelle del buon senso talvolta) e tendenzialmente la rabbia e il voto “anti” sono le ragioni principali.
Ma anche il Merkozy – il direttorio franco-tedesco dell’Europa, Merkel + Sarkozy, il simbolo dell’austerità pure se la Francia molto austera non è mai stata – ha avuto il suo ruolo importante: la presenza della cancelliera tedesca, Angela Merkel, nella campagna elettorale francese non ha fatto molto bene al collega francese, che infatti verso la fine ha cercato di sganciarsi. E nel paradosso di un’Europa sempre in bilico su se stessa, di una campagna elettorale in cui s’è parlato di poco e quel poco sembrava il piano quinquiennale degno di una repubblica sovietica, ora la vittoria di Hollande potrebbe essere il migliore dei pretesti per Berlino per voltare le spalle all’austerità, almeno un pò, e aprirsi alla crescita. Finalmente.
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http://www.reuters.com/article/2012/04/22/us-france-election-economy-idUSBRE83L05K20120422
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