Ribadiamo quanto detto con l’Asset allocation strategica del dicembre 2010, dopo aver ulteriormente approfondito il tema del debito pubblico statunitense e dell’Europa dell’euro.
Negli Stati Uniti si ha un debito pubblico crescente, con dei rendimenti (fino alle obbligazioni quinquennali) nulli, se si tiene conto dell’inflazione. Chi mai compra un debito pubblico crescente con dei rendimenti nulli? I privati, che preferiscono un rendimento nullo alle perdite che potrebbero eventualmente avere investendo in azioni, e la banca centrale, che lo compra – fino alle scadenze di sette anni – per stimolare l’economia (1). La borsa sale perché il sistema finanziario si indebita a tassi nulli e poi riversa il denaro in borsa, mentre i privati non investono in azioni. Negli Stati Uniti, infine, abbiamo il debito pubblico a lungo termine – quello non è comprato dalla banca centrale – che ha dei prezzi decrescenti, ossia dei rendimenti crescenti (la cedola è fissa e dunque il rendimento sale se il prezzo scende).
In Europa aleggia il sospetto che i debiti pubblici dei paesi mal messi siano proprio mal messi. Tecnicamente parlando, che questi paesi siano non in crisi di liquidità ma in condizione di insolvenza. E che potrebbero non essere salvati dai paesi ben messi. Se questo mai accadesse, l’industria finanziaria europea, che detiene quote rilevanti del debito dei paesi mal messi, registrerebbe perdite cospicue, in grado di congelare l’economia europea. Il mercato delle obbligazioni europeo è cauto, perché chiede rendimenti elevati ai paesi mal messi, mentre quello delle azioni è meno cauto, perché sembra non scontare lo scenario peggiore.
Uno potrebbe far nulla per la complessità della situazione e perciò investire nel debito pubblico a breve termine in euro, attendendo che le cose «si sbroglino». Chi, invece, volesse rischiare, ha delle combinazioni d’investimento.
Noi pensiamo che la 1 e la 2 siano le migliori. Il rischio è che si manifesti la combinazione 3.
1. Per chi volesse investire in obbligazioni a lungo termine la scelta ragionevole, nel caso statunitense, è quella di essere «corti», ossia di imbastire delle operazioni in cui si guadagna se i prezzi dei titoli trentennali scendono. Nel caso europeo tutto dipende dalla scommessa se l’euro tiene.
2. Se l’euro tiene, allora è razionale essere «corti» di obbligazioni tedesche, che sono salite molto per effetto della ricerca di «titoli sicuri», e «lunghi» di obbligazioni dei paesi mal messi, ossia investiti in modo da guadagnare se i loro prezzi stanno fermi (si incassa la cedola) o salgono. In questo caso, ossia in quello dell’euro che tiene, è razionale essere investiti anche in borsa. Le borse delle due rive dell’Atlantico salgono e scendono allo stesso modo (la correlazione è molto alta) e dunque basta sceglierne una. Oppure nessuna delle due, e rivolgersi agli investimenti tematici.
3. Se l’euro non tiene, allora è razionale essere «lunghi» di obbligazioni tedesche e «corti» di obbligazioni dei paesi mal messi. In questo caso non è razionale essere investiti in borsa: il sistema finanziario sarebbe percosso e, a partire da questo, lo sarebbe tutta l’economia. Le borse delle due rive dell’Atlantico salgono e scendono allo stesso modo e dunque è possibile che – in caso di crisi dell’euro – scendano entrambe. Potrebbe, in questo caso, emergere una corsa ai titoli (temporaneamente) sicuri e quindi il prezzo delle obbligazioni statunitensi potrebbe salire, annullando l’opzione 1.
Riteniamo che il percorso 2 abbia una probabilità maggiore del percorso 3. Il danno di una rottura dell’euro sarebbe tale che pensiamo che alla fine si avrà un «colpo di reni» del sistema politico (2).
I prezzi delle azioni sul mercato statunitense – quelle europee si muovono allo stesso modo e perciò i fondamentali statunitensi le influenzano – non sono bassi, se si usa il metodo di Shiller. Esso mette a confronto i prezzi correnti con la media degli utili degli ultimi dieci anni: i prezzi sono sopra la media di questo rapporto prezzi/utili degli ultimi decenni. Gli utili sono poi molto elevati, perché hanno raggiunto una quota del reddito nazionale dalla quale storicamente non salgono più.
Nei paesi avanzati conviene perciò investire con molta cautela, comprando le azioni che distribuiscono dividendi robusti e stabili. Nei paesi in via di sviluppo conviene tenere sempre presente che non esiste una relazione lineare fra crescita e ascesa dei corsi azionari (3).
(1) http://www.centroeinaudi.it/commenti/l-indecisionismo-statunitense.html
(2) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-prossimo-governatore-della-bce.html
(3) http://www.centroeinaudi.it/ricerche/investire-da-socialisti.html
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