A guardare quel che accade in queste ore ai poteri forti di Parigi c’è da pensare che il Fondo internazionale non porta bene ai francesi. L’ex direttore francese, Dominique Strauss-Khan, si è dimesso a causa di uno scandalo sessuale che ha fatto ribollire la vita di uno dei politici socialisti più influenti del paese: è venuto fuori che è un “gorilla” che non sa tenere a bada le sue pulsioni, con buona pace di quelle sue idee – sono pulsioni anche le idee? – riformatrici che nella sinistra francese sono pressoché introvabili.
Si dimise, Strauss-Kahn, ma Parigi volle tenere quella poltrona, così importante in momenti di crisi, così prestigiosa per una grandeur vieppiù ammaccata, e infine il mondo si piegò e accetto la candidatura di Christine Lagarde, ex ministro delle Finanze di Nicolas Sarkozy, donna bella e altissima, con la grazia di chi ha fatto nuoto sincronizzato per decenni, con la responsabilità di chi da bambina, quando i genitori un pò fricchettoni se ne uscivano lasciando i figli in casa per andare a teatro, li aspettava sul divano leggendo, con tutte le luci accese, e al loro rientro diceva: “La prossima volta ditemelo se uscite” (1).
Lagarde in questi giorni è a Parigi davanti alla Cour de justice de la République per discutere del suo coinvolgimento nel caso Tapie. Il caso Tapie è uno di quegli intrighi economico-politici che i francesi sanno sceneggiare alla perfezione, e da tempo va a lambire persone e cariche senza ancora tirarle giù, ma minacciando sempre di farlo. Bernard Tapie è un tycoon entrato in politica che sta antipatico alla maggior parte dei francesi viventi, anche se le sue magagne – che ci sono state – non sono poi così scandalose, non almeno da giustificare tanto astio.
Riassumendo il caso: all’inizio degli anni Novanta, Tapie mette in vendita l’Adidas che aveva comprato nel 1991 e di cui si sarebbe infine disfatto nel 1993, quando decise di entrare in politica. Per la vendita, Tapie si appoggia al Crédit Lyonnais, che riesce a vendere l’azienda a Robert-Louis Dreyfus, con una plusvalenza ben più grande di quella che dichiara a Tapie. Il quale, quando scopre quanto è accaduto, ricorre alla giustizia. Lo stato francese a quel tempo detiene partecipazioni della banca e quando, nel 1996, Tapie lancia la sua battaglia giudiziaria, il Crédit Lyonnais ha appena evitato il fallimento e un consorzio a guida statale (il Cdr, Consortium de réalisation) sta gestendo il suo passivo. Nel 2005, una corte di Parigi condanna il Cdr a pagare 135 milioni di euro di danni e interessi a Tapie, ma l’anno successivo la Corte di cassazione cassa la sentenza. Tapie propone di ricorrere a un tribunale arbitrale, il Cdr accetta, con il consenso del ministero dell’Economia. Ci sono molte irregolarità nella formazione del tribunale arbitrale, ci sono due o tre giudici legati a Tapie e molti altri cavilli violati. Alla fine l’arbitro favorisce Tapie, il Cdr è condannato a pagare 285 milioni di euro all’uomo d’affari, e con gli interessi questa cifra sale a 403 milioni (a Tapie dopo le tasse e le altre detrazioni spettano tra i 200 e i 220 milioni di euro).
Christine Lagarde è ministro dell’Economia quando dà il consenso al tribunale arbitrale e quando, soprattutto, si rifiuta di deporre durante un ricorso del Cdr per cercare di ottenere l’annullamento di quella decisione dell’arbitro. A quel punto molti iniziano a dire che Tapie gode di “una protezione ad alti livelli” – a livelli di esecutivo. Anzi, forse più su, perché tra il 2007 e il 2008 Tapie si reca più volte all’Eliseo di Sarkozy, che aveva sostenuto apertamente durante la campagna elettorale.
Nel 2011 il Partito socialista si rivolge alla Cour de justice de la République, dicendo che ci sono molti indizi che dimostrano che le decisioni in quel caso sono state prese “in difesa di interessi particolari a detrimento dell’interesse pubblico”. Oggi Lagarde si presenta alla corte (dopo che nei mesi scorsi la sua casa e il suo ufficio sono stati perquisiti) perché i togati vogliono capire se si possa metterla sotto esame per “complicità di falso e appropriazione fraudolenta di denaro pubblico) (2).
Se la corte dovesse decidere di sì, è probabile che Lagarde rassegni le sue dimissioni dal Fondo, un altro scandalo francese che travolge la guida dell’istituzione. Ma in questo caso non ci sono gorilla, c’è una faida politica attorno a Tapie (che nel frattempo ne ha combinate altre, è stato in galera, è stato interdetto agli incarichi pubblici, è stato infine riabilitato) che ha logorato la politica di Francia ormai da vent’anni: al fondo c’è il tradimento di Tapie della causa socialista, in un paese che per un breve ma intensissimo periodo ha persino pensato di poter rinascere in una “ouverture”.
(1) http://www.nytimes.com/2011/05/29/opinion/29dowd.html?pagewanted=all&_r=0
(2) http://www.lemonde.fr/societe/article/2013/05/23/affaire-lagarde-tapie-si-vous-avez-manque-un-episode_3415548_3224.html
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