La socialdemocrazia seppellirà Angela Merkel oppure la costringerà a scendere a patti? I socialdemocratici d’Europa, tornati a vincere in Francia e in Germania, sperano nella prima ipotesi, anche se poi sanno che si finirà per negoziare. Di questo sono convinti soprattutto i socialdemocratici francesi e tedeschi, pure se in forme retoriche molto diverse e pure se si lasciano affascinare dalle sirene del Continente (che non vincono, non ancora perlomeno) che tendono a volere una rottura antimerkeliana senza se e senza ma.
Il neopresidente francese, François Hollande, si presenta al suo primo incontro con la cancelliera tedesca con le statistiche dalla sua parte: il modello europeo in stile tedesco non piace e non funziona (anche se c’è chi sottolinea che l’austerità, nei paesi austeri, come in Germania e in Svezia, va, e va anche bene (1)). Il programma hollandiano prevede una revisione dei trattati e di tutta la politica adottata finora in questi anni di crisi dell’Euro. In realtà, Hollande ha bisogno di qualche garanzia perché in Francia ci sono anche le legislative e non può rimangiarsi la parola aspra troppo in fretta, ma il suo paese non può permettersi grandi alternative all’austerità: servono 20 miliardi di euro per ottenere gli obiettivi di bilancio nel 2013. Il rapporto deficit pil l’anno scorso era al 5,2 per cento, più grande di quello di Portogallo e Italia: non c’è molto spazio di manovra.
Nonostante le promesse molto socialiste (e meno democratiche), secondo gli esperti Hollande vorrà mantenere alta la fiducia degli investitori stranieri, cercare di ammorbidire il mercato del lavoro e trovare un compromesso con la Merkel. Anzi, secondo Businessweek (2), il presidente riuscirà a creare una maggiore sintonia con Merkel rispetto a quella esistente ai tempi di Sarkozy, soprattutto se la cancelliera è disposta a cedere un pò sull’inflazione.
I socialdemocratici tedeschi, da anni in crisi di identità e ora sorprendentemente di nuovo in sella, sono meno retorici e più concreti, anche nel prospettare la fine della leadership di Merkel. Pur nelle sue feroci faide interne, l’Spd non dimentica che l’ultimo modello di successo nelle urne era quello di Gerhard Schröder, l’ex cancelliere autore del più importante pacchetto di riforme della storia post Maastricht (e, non a caso, poco amico di Hollande). Ecco che oggi Sigmar Gabriel, leader socialdemocratico, ripete che la crescita è importante, che l’austerità merkeliana è finita, ma che il consolidamento dei conti pubblici deve continuare, “anche noi siamo contrari a una crescita sostenuta da nuovi indebitamenti”.
Cioè il patto fiscale resta, e si aggiunge un patto per la crescita. Cioè non si rivedono i trattati come vorrebbe Hollande (3). Anche le due socialdemocrazie vincenti e più allineate in realtà hanno progetti diversi, per questo la via del compromesso pare la più percorribile, nonostante le speranze della sinistra europea che ancora aspetta di vincere nelle urne.
1. http://online.wsj.com/article/SB100014240527023
2. http://www.businessweek.com/articles/2012-05-10/hollande-and-merkel
3. http://www.nytimes.com/2012/05/08/world/europe/francois-hollandes-victory-
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