Dimenticatevi l’«average Joe», ora c’è la segretaria di Warren Buffet. L’ultima svolta di politica economica americana – quella delle tasse ai milionari, tendenza felicemente condivisa con altri paesi del mondo, come spiega l’ultima copertina dell’Economist (1) – è stata definita dall’ingiustizia subita dalla segretaria di Buffet la quale, stando al suo capo, pagherebbe più tasse di lui. Ecco perché Buffet ha detto: voglio pagare più tasse, noi ricchi vogliamo pagare più tasse, e la politica li ha presi in parola.
Buon senso dice: se lo vogliono loro, perché negarci un’entrata tanto corposa, in tempi di buchi di bilancio? Ma il buon senso ha le gambe corte, e le politiche economiche hanno effetti che si riverberano in tempi a volte non calcolabili. È una questione di matematica, non di lotta di classe, ha detto Barack Obama (2), ma i repubblicani non ci stanno e promettono nuove (pericolosissime) battaglie. La matematica certamente va di pari passo con il buon senso, ma teorie economiche nemmeno troppo fallaci (furono applicate da Reagan, gli effetti si videro nei ricchi e spericolati anni Novanta) sostengono che i consumi non ripartono se le fasce più alte della popolazione – cioè quelle in grado di consumare anche in tempi di crisi – vengono tassate. Cioè l’effetto delle tasse è, da ultimo, depressivo sull’economia, per quanto la richiesta nasca da coloro che saranno tassati (alcuni di loro, peraltro).
C’è anche un risvolto politico importante: è ufficialmente iniziata l’era delle tasse. Non che sia una sorpresa: era evidente che, con tutte le spese sostenute quando «si stimolavaW l’economia, a un certo punto le tasse sarebbero state alzate. Il problema è che lo stesso Obama aveva promesso che non le avrebbe toccate, come ha ricordato in un bello (e criticatissimo) articolo David Brooks, editorialista conservatore del New York Times (3).
La campagna elettorale è iniziata, qualche miglioramento economico va portato, i repubblicani possono anche continuare a strepitare: Obama metterà un veto a leggi che non prevedono nuove tasse. I conservatori ovviamente non transigono (è l’unico punto su cui hanno un minimo di unità): tasse mai.
Ognuno pensa così di prendere il voto delle segretarie, perlomeno. Con buona pace dell’unità davanti alla crisi, con il pericolo di dare un altro tremendo spettacolo sul budget: al Senato sarà nuova battaglia (4). Già l’altra volta la sfida è costata all’America il downgrade del rating. Nuovo panico per il resto del mondo (già piuttosto acciaccato).
(1) http://www.economist.com/printedition/2011-09-24
(2) http://www.rawstory.com/rawreplay/2011/09/obama-this-is-not-class-warfare-its-math/
(3) http://www.nytimes.com/2011/09/20/opinion/brooks-obama-rejects-obamaism.html?_r=1&ref=davidbrooks
(4) http://www.latimes.com/news/nationworld/nation/la-na-congress-shutdown-20110923,0,7511444.story
Ecco la tabella dei saldi di bilancio del New York Times, basata sui dati del CBO:
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