Da qualche tempo i paesi dell’Europa dell’Est attraversano una crisi finanziaria profonda perché sono indebitati con le banche europee. Simmetricamente, le banche europee, esposte con i paesi dell’est, hanno dei crediti “incagliati”. I mutui ipotecari accesi dai polacchi in franchi svizzeri hanno un tasso di interesse inferiore a quello che i polacchi medesimi pagherebbero nella propria moneta. Ecco allora la convenienza ad accenderli in gran quantità. Un po’ come accadeva agli inizi degli anni novanta in Italia con i mutui in yen. La parte non considerata mai a sufficienza è che i rendimenti tendono a equipararsi. Se i rendimenti in franchi svizzeri sono bassi rispetto a quelli di altri paesi, o salgono i rendimenti svizzeri, oppure, se i rendimenti svizzeri restano bassi, sale il franco. In altre parole, non si riesce a pagare molto meno il debito, se non per periodi limitati. Ed è quello che si sta scoprendo.
Il ministro delle finanze austriaco Josef Pröll la settimana scorsa ha cercato di raccogliere 150 miliardi di euro per aiutare i paesi dell’est. Le banche austriache sono esposte con questi paesi per 230 miliardi di euro, un ammontare pari al 70% del PIL dell’Austria. La European Bank for Reconstruction and Development (EBRD) sostiene che i cattivi crediti delle banche europee possono arrivare ad almeno al 10% dell’esposizione. La stampa austriaca con linguaggio molto colorito sostiene che le loro banche sono di fronte ad una sorta di “Stalingrado monetaria”. Secondo Stephen Jen, capo analista valutario della Morgan Stanley, i paesi dell’est hanno debiti con l’estero per 1.700 miliardi di euro, la maggior parte a breve termine. Quest’anno vanno in scadenza 400 miliardi di euro.
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