I paesi dell’Est, quelli che facevano parte dell’area d’influenza, ma non dell’Unione Sovietica, sono cresciuti moltissimo da quando hanno cambiato il sistema economico e politico. Ad una prima fase di caduta della produzione, quasi nessuna impresa socialista era infatti in grado di competere su un mercato aperto, è seguita la ripresa legata agli investimenti in impianti che incorporavano le tecnologie più avanzate, importati dai paesi industrializzati occidentali.

I lavoratori dei paesi dell’Est, quasi tutti con un’istruzione elevata, potevano diventare molto più produttivi. Nella Repubblica Ceca, nei primi anni novanta, le imprese tedesche potevano o aprire nuove fabbriche o ristrutturare quelle esistenti, come la Skoda, in un paese di antica tradizione industriale, che presentava il vantaggio di un costo del lavoro basso. I salari dei cechi sarebbero aumentati, seguendo la crescita della produttività, fino ad arrivare al livello dei paesi sviluppati, in un tempo che si misura in decenni. Dall’industria ai servizi il passo è breve ed ecco, in seguito, sorgere la grande distribuzione, le banche, ecc. Nulla di nuovo sotto il sole, i paesi dell’Europa occidentale, distrutti dalla Seconda Guerra, si sono avvicinati al reddito pro capite degli Stati Uniti dopo molti decenni.

Si aveva all’inizio del processo di inclusione un problema finanziario e proprietario. Il sistema economico dei paesi che si stanno re-industrializzando si sgretola, e quindi, fino a quando le esportazioni di questi paesi non diventano cospicue, ossia elevate e costanti, perché composte di prodotti competitivi, essi restano degli importatori. Importano quasi tutto, salvo qualche genere alimentare, e quindi non sono in grado di “decollare”. La loro moneta, per l’eccesso d’importazioni, va infatti “a picco”, e quindi i tassi d’interesse, per tenere fermo il cambio, vanno alzati. La crescita, resa impossibile dai tassi elevati, muore “in culla”. Questo è quanto generalmente accade a meno di trovare chi finanzia. Ecco l'Unione Europea che assorbe i paesi che stanno decollando nella sua orbita finanziaria. Nulla di nuovo sotto il sole, i paesi dell’Europa occidentale, distrutti dalla Seconda Guerra ed obbligati ad importare quasi tutto, furono finanziati dagli Stati Uniti con il Piano Marshall. Infine, le imprese non investono se pensano che i loro impianti potrebbero essere nazionalizzati. Ecco di nuovo l'Unione europea, che attrae i paesi emergenti nella sua orbita giuridica.

Questi problemi non potevano sorgere nella ex Repubblica Democratica Tedesca, perché essa fu assorbita subito dalla Repubblica Federale Tedesca, che decise il cambio politico della sua moneta, quindi la moneta della DDR fu cambiata alla pari, mentre il cambio vero era almeno di 3 a 1, ed estese la legislazione concernente il diritto proprietario. Insomma, i paesi di una certa dimensione, come la Polonia, quelli medi, come la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Slovacchia, o piccoli, come le Repubbliche Baltiche, non hanno, nella prima fase della crescita, avuto dei problemi irrisolvibili. Hanno avuto dei problemi sociali, legati alla caduta violenta del sistema ereditato di sicurezza del lavoro e la sicurezza sociale. Alla fine tutti questi paesi sono stati finanziati da un “paese” molto più grosso, la Unione, che li ha assorbiti nella sua economia e nel suo diritto. Col tempo è cresciuto il loro tenore di vita, che è diventato simile a quello dei paesi ricchi. Secondo il Fondo Monetario la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia da una parte, e Repubbliche Baltiche dall’altra, avevano un reddito pro capite pari, tenendo conto del potere d’acquisto, ossia del costo della vita in rapporto al reddito, rispettivamente, al 40% ed al 30% del reddito pro capite della Unione nel 1993. Oggi, dopo appena quindici anni, sono arrivati al 60%. Potrebbero sorgere in futuro dei seri problemi legati agli enormi crediti delle banche europee verso il settore immobiliare di questi paesi, ma questa storia dello sviluppo per assorbimento sembra destinata a sbocciare in un lieto fine, imitabile con poco rischio anche da altri. Sono arrivati nella Comunità degli altri paesi con un’economia poco sviluppata, come la Romania, la Croazia e la Bulgaria. Il loro reddito pro capite, secondo il Fondo Monetario, che tiene conto delle parità di potere d’acquisto, è pari al 35% di quello della Unione, simile a quello dei primi paesi emergenti entrati nell’orbita comunitaria, ma più di dieci anni prima.

L'Unione è sorta fra un gruppo di paesi omogeneo (Germania, Francia, Benelux, Italia), si è allargata, con la caduta delle dittature, fino ad includere la Penisola Iberica e la Grecia, poi si è allargata a Nord Est, al Centro ed, infine, oggi, verso il Sud Slavo. Tralasciamo la discussione su Gran Bretagna, Irlanda e Scandinavia. I confini comunitari, a riprova che la storia non si muove nel vuoto, sono, a ben guardare, e non troppo allargati, quelli europei dell’Impero di Roma. Il movimento dell'Unione sembra essere un processo secolare di ampliamento pacifico dotato di una forte inerzia. Il quale movimento pacifico ed inerziale ha ultimamente lambito la Seconda Roma, Bisanzio, diventata nel 1483 Istanbul, ma non ancora quella che, dopo il “trasloco” dell’Ortodossia, è diventata la Terza Roma, Mosca. “Tre Rome un Euro”, si potrebbe dire. Unirsi come Unione alla Seconda ed alla Terza Roma non è semplice. La Turchia e la Russia, due ex imperi, hanno una popolazione numerosa e sono delle potenze militari ed hanno un tenore di vita simile a quello dei paesi entrati nell’orbita comunitaria negli ultimi tempi. La Turchia e la Russia, secondo il Fondo Monetario, hanno un reddito pro capite, che tiene conto del potere di acquisto, pari al 40% ed al 50% di quello europeo, rispettivamente. La partita è molto grossa. La Turchia non ha più, da Kemal Ataturk in poi, delle ambizioni imperiali, alias il Califfato, ma estende la propria influenza in Medio Oriente e nei paesi turcofoni dell’ex Unione Sovietica. La Russia arriva fino in Cina.

Intanto che osserviamo come procede il rapporto fra Cina e Stati Uniti, l’altra grande partita in corso, una partita con in mezzo un enorme Oceano con dei complicati problemi legati al finanziamento del disavanzo della bilancia dei pagamenti statunitense, possiamo lanciare uno sguardo anche su questo intrecciarsi di popoli che, a differenza dei cinesi e degli statunitensi, bene o male, ma ultimamente non troppo male, convivono, peraltro non divisi dai mari, da millenni.

Pubblicato su L'Opinione il 2 agosto 2008