Osservando i flussi statunitensi fino alla fine di dicembre 2008, si vede che: 1) le banche centrali estere hanno comprato le obbligazioni a breve termine e venduto le obbligazioni private; 2) i privati esteri non hanno comprato attività rischiose negli Stati Uniti, 3) i privati domestici hanno venduto una parte delle loro attività estere.


I flussi mostrano che: 1) le banche centrali hanno comprato obbligazioni del Tesoro, ma quelle corte, i BOT statunitensi, i T-bills, ossia hanno più titoli che risentono meno delle oscillazioni dei tassi, quindi quelli meno rischiosi – il grafico 1 è di Foreign Affairs; l’estero nella fattispecie privata non ha accresciuto il portafoglio rischioso – il grafico 2 è sempre di Foreign Affairs, la linea blu. Anzi ha smesso di comprare. Il portafoglio a rischio sono le obbligazioni private e le azioni. Si noti che banche centrali hanno comprato dollari. Segue dall’analisi dei dati che, se gli statunitensi nella fattispecie privata hanno venduto una parte delle loro attività estere, la linea rossa del grafico 2, allora anche loro hanno venduto valute terze e comprato dollari.
 
I dollari sono stati comprati dalle banche centrali e dai privati statunitensi, in misura maggiore del disavanzo della bilancia dei pagamenti correnti. Il dollaro perciò è salito. Le prime, come quella cinese, comprano dollari per tenere il cambio per forzare le esportazioni. I secondi hanno comprato dollari forse perché temono che la crisi internazionale possa essere peggiore di quella nazionale. Oppure, perché, quando c’è crisi, è meglio restare su un mercato molto liquido che si conosce bene.
 
L’analisi dei flussi in acquisto e in vendita delle attività finanziarie statunitensi mostra che la forza del dollaro non è un segnale di fiducia della comunità internazionale nell’economia statunitense. Se ci fosse fiducia, avremmo avuto, da parte estera, degli acquisti di obbligazioni del Tesoro lunghe e di obbligazioni private. Nonché di azioni.

 

Per un’analisi del dollaro condotta, non sulla base dei flussi d’investimento, ma sui differenziali di interesse:

 

http://www.centroeinaudi.it/commenti/la-forza-del-dollaro.html


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