Le cose più assurde sono tali se viste con il «senno di poi». Per esempio, la borsa degli Stati Uniti nel 1942 aveva una valutazione da «saldo». Perciò tutti avrebbero dovuto comprare, ma questo possiamo dirlo oggi. Nel 1942 Adolf Hitler stava vincendo la guerra. L’avesse vinta, che cosa mai uno avrebbe potuto fare con le sue azioni in un mondo «razzial-dirigista»? Niente.


Di qui le valutazioni da «saldo». Seguendo la logica, uno avrebbe dovuto trarre conforto e comprare azioni dopo Stalingrado, la prima volta, e, la seconda volta, dopo lo sbarco in Normandia. Dunque, mentre sappiamo come si sono svolte le cose nel passato, ignoriamo come le cose si svolgeranno nel futuro. Nel presente dobbiamo però agire. Come si fa a sapere se i mercati hanno raggiunto «un minimo», e dunque se da ora in avanti non possono che salire? Come si è manifestato nel passato il processo di fuoriuscita dalla crisi finanziaria?
 
Intanto, che cosa vuol dire «un minimo»? Significa prezzi talmente bassi che poi – se continua il mondo dove sono tutelati le libertà individuali e i diritti di proprietà – essi non possono che salire. Ricordiamo questo perché tre borse promettenti, quella russa, quella cinese e quella egiziana, evaporarono dopo le rivoluzioni. Allora non basta che la borsa abbia «prezzi da saldo», occorre che in futuro vi sia lo stesso quadro istituzionale del passato. In altre parole, la borsa russa nel 1917 poteva anche avere prezzi da «saldo», ma erano prezzi pienamente giustificati. Poiché non è questo il caso oggi degli Stati Uniti e dell’Europa, possiamo concentrarci sui prezzi e sui valori. I numeri migliori a disposizione sono, al solito, relativi agli Stati Uniti. Seguiamoli, avvertendo che le cose non sono poi molto diverse in Europa.
 
Due note tecniche. La prima: uno compra le azioni perché questo dà diritto alla condivisione degli eventuali utili; che gli utili siano distribuiti o no, ossia ci siano o no dividendi, rileva poco a questo livello dell’argomentazione. Dunque, uno compra un’azione al prezzo X e ha diritto agli utili Y. Il rapporto prezzo/utile (price to earning ratio) dice quante volte uno paga gli utili. Se il prezzo è 10 euro e l’utile 1 euro, allora il p/e è 10. Possiamo anche dire che l’azione rende il 10%, ossia 1 euro diviso 10 euro (il reciproco del p/e è il «rendimento delle azioni»). Gli utili sono però «ballerini», si preferisce perciò ogni anno fare la media degli ultimi dieci anni, ossia si divide il prezzo per la media mobile decennale.
La seconda nota tecnica: un’impresa vale Y in borsa; quanto varrebbe ricostruirla dal nulla? Si facciano i conti. Se uno volesse costruire una fabbrica di auto dal nulla spenderebbe X, se un’azienda quotata valesse meno (ossia Y < X) converrebbe «scalarla», ossia cercare, con l’acquisto delle sue azioni, di prenderne il controllo. La differenza fra la capitalizzazione di borsa e l’azienda ricostruita
ex nihilo è la «Q di Tobin», dal nome di chi ha inventato la relazione. Bene, la borsa ha prezzi da «saldo» se: a) le azioni rendono uno «sproposito» (il p/e è bassissimo) e b) le imprese hanno una capitalizzazione che è di gran lunga inferiore al costo di ricostituzione. Tutto qui. Non c’è bisogno di argomenti psicologici, come la «paura», la «sfiducia», eccetera.
 
Se si hanno «prezzi da saldo», di solito si forma un ciclo al rialzo che dura qualche tempo, un decennio oppure due. Ossia, le azioni hanno una «base» talmente bassa che riescono a prendere «spinta» e a salire «senza tregua». Il grafico sotto mostra il p/e e la Q di Tobin delle imprese degli Stati Uniti dal 1900 al 2008 rispetto alla propria media. I prezzi minimi si sono visti nel 1921, 1932, 1949, 1982. In corrispondenza di questi prezzi minimi il p/e era ai minimi, la Q di Tobin anche. Quest’ultima è stata ai minimi pure durante crisi meno accentuate, come quella del 1942 di cui dicevamo all’inizio.
 
I mercati in grande e costante ascesa si sono avuti quando le quotazioni in rapporto agli utili e al valore di ricostituzione delle imprese sono stati ai minimi – non si hanno eccezioni su un secolo. Il grafico (1), che segue il lavoro di Russell Napier (2), mostra il punto. Oggi non siamo ai minimi, ma questo non vuol dire che non ci sia «speranza», la storia potrebbe mostrarsi in maniera diversa. È una possibilità logica. In fondo è quello che pensano (o sperano) coloro che oggi comprano azioni, mentre osservano i germogli della ripresa (3).
 
Fine della prima puntata. Continua.

 

(1) http://blog.iii.co.uk/cataclysm-postponed-temporarily/

 

(2) http://www.harriman-house.com/pages/book.htm?BookCode=414695

 

(3) http://www.centroeinaudi.it/ricerche/nella-foresta-dei-germogli.html


 
il_modello_di_russel_napier
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