La prima «settimana degli utili» (1) (2) aveva registrato un leggero peggioramento, la seconda un leggero miglioramento, quella appena conclusa ancora un leggero miglioramento. Sommando i risultati delle imprese che li hanno comunicati a quelli che sono attesi ma non ancora noti, si ha una flessione intorno al 35% rispetto al primo trimestre dello scorso anno (3). I risultati delle imprese comunicati differiscono da quelli rettificati (4). A emergere nei titoli dei giornali sono i risultati comunicati, non quelli rettificati.
Da quando è iniziata la «stagione degli utili», la borsa statunitense, quella giapponese, quella europea e quella italiana non sono variate in misura (statisticamente) significativa: esse, infatti, sono rimaste entro la prima banda d’oscillazione. Si prendono le chiusure giornaliere da novembre dello scorso anno, se ne calcola la tendenza (non lineare), si calcolano le bande d’oscillazione, che sono le deviazioni standard. Se i prezzi sono dentro la prima banda, non vi sono novità; se sono entro la seconda, il mercato azionario è teso; se sono entro la terza, allora il mercato sta «strappando».
La borsa italiana era caduta più delle altre, perché piena di titoli finanziari, passando dalla linea centrale di tendenza (la linea blu) a due volte la deviazione standard (la linea viola). Ora è approdata a una volta la deviazione standard (la linea arancione), quindi è salita moltissimo, perché ha «saltato» ben due deviazioni standard. «Anomala» è quindi la grande caduta da febbraio a marzo. Grafico 1.
Più in generale, se calcoliamo la flessione (lineare) settimanale da quando ha iniziato ad approfondirsi la crisi, quindi dal 2007, per le borse non vi sono novità (statisticamente) significative. Il grafico 2 è ancora quello della borsa italiana.
Dunque i mercati azionari si sono allontanati dai minimi di marzo, ma non hanno ancora intrapreso una strada veramente in salita. Né, secondo noi, si vede perché dovrebbero. Gli utili sono ancora in flessione. Si afferma che le cose stanno migliorando: più precisamente, che sta frenando il tasso di peggioramento (è chic dire la derivata seconda). La copertina dell’«Economist» è proprio su questo. La nostra opinione è che il punto non è se la situazione smette di peggiorare, perché questo è nell’ordine delle cose: prima o poi la caduta frena. Il punto è se la situazione migliorerà in fretta oppure lentamente: se migliora lentamente, allora i prezzi delle azioni non hanno una vera spinta.
Infine, un aspetto poco sottolineato della settimana appena conclusa è legato alle obbligazioni. I rendimenti delle obbligazioni a dieci anni rispetto a quelle a due anni – la «ripidità» della curva dei rendimenti, che misura a quanto ammonta il premio richiesto per investire a lungo termine – è tornata (grafico 3) dov’era prima che fosse annunciata dalla banca centrale degli Stati Uniti la politica d’acquisto delle obbligazioni del Tesoro (5).
Le spiegazioni possibili sono: si ha paura che ricompaia l’inflazione (6); oppure, non si ha paura dell’inflazione, ma si teme che saranno emesse troppe obbligazioni per finanziare i deficit pubblici (7). Si può obiettare che le ipotesi proposte non sono le uniche: potrebbe anche essere tornata la crescita, ossia, salgono i rendimenti richiesti perché non si cerca più «rifugio» nei titoli di stato. In questo caso, però, salirebbero brutalmente i rendimenti a due anni, il che non è avvenuto. La resa è ancora pari a meno dell’1%.
(1) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-«stagione-degli-utili».html
(2) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-«stagione-degli-utili»-dal-punto-di-vista-del-fisco.html
(3) http://www.cnbc.com/id/15839135
(4) http://www.centroeinaudi.it/notizie/poche-parole-e-tre-grafici.html
(5) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-bottone-rosso-è-stato-premuto.html
(6) http://www.centroeinaudi.it/notizie/si-discute-d’inflazione.html
(7) http://www.centroeinaudi.it/notizie/la-solidità-dei-bilanci-pubblici.html
© Riproduzione riservata