A settembre i talk show italiani ripartono con i conti della spesa post estate, i libri di scuola, le bollette, le pulizie del viso, una vita che si muove lenta all’ombra di uno stallo politico soffocante, al quale si addebita ogni insofferenza. Nell’America della ripresa a ondate alterne, tra venti di guerra e improbabili mani tese con i russi, c’è molta attenzione alle quote rosa.

Dopo cinque anni di obamismo, il trucco ha iniziato a vedersi, e il progressismo magico ha lasciato a spazio a una buona dose di scetticismo, anche sul propagandato impegno dell’Amministrazione ad annullare le differenze. L’ultima vetrina è la successione a Ben Bernanke per la guida della Federal Reserve.

Nell’opinione pubblica, la vice di Bernanke Janet Yellen batte il candidato della Casa Bianca Lawrence Summers, perché è donna, perché è una Bernanke al femminile, perché rassicura e garantisce continuità (tutte caratteristiche molto femminili, come è noto). C’è anche da dire che Summers è forse l’economista più antipatico del mondo, che è stato glorificato negli anni Novanta, ma è da allora che più o meno vive di rendita, tranne i 15 minuti di popolarità per aver detto, nel ruolo di dean di Harvard, che le attitudini delle donne nelle scienze sono piuttosto ridotte: nella sua avventura come capoeconomista di Obama non ci sono eventi di rilievo se non litigate e rancori indicibili, e pure i tanti editoriali venuti dopo in cui pontificava sui migliori metodi per innescare la ripresa nascondevano sempre un quesito: ma perché non li hai messi in pratica quando potevi?

Ma queste sono discussioni nel merito che ancora non hanno lambito il dibattito, tecnicismi per esperti si potrebbe dire, ora la questione è: ce la farà una donna a conquistare la Fed? Per l’intanto ci sono movimenti paralleli molto promettenti (per chi crede che essere donna sia la qualità migliore per ottenere un lavoro tanto importante, s’intende): la sottosegretaria al Tesoro Lael Brainard potrebbe essere nominata nel board dei sette economisti che affianca il governatore nella guida della Banca centrale (1), e sono previsti molti cambiamenti che coinvolgono le donne.

Ma gli è anche che Brainard ha lavorato con Summers, nell’Amministrazione Clinton, ed è sposata con Kurt Campbell (scusate l’ineleganza nel citarla come la moglie di), uno dei più importanti studiosi d’establishment, fondatore tra le altre cose del Center for a New American Security, think tank nato nel 2007 dal quale l’Amministrazione Obama ha pescato a piene mani. Cioè Brainard è donna sì, ma è anche giro washingtoniano stretto, che è poi il punto vero di questa presunta battaglia dei sessi alla Fed.

Vincerà la smania rosa o piuttosto la concretezza del proprio entourage?

Conoscendo Obama – ed è quello che si augurano molti alla Casa Bianca – è più facile che prevalga la seconda via, con l’obiettivo, quello unico, di tenere il più possibile lontani gli occhi dal problema vero. Come ha scritto Robin Harding sul Financial Times (2), l’ha crescita economica americana è “costruita sulla sabbia”: i tassi di risparmio (che sono ancora bassi per famiglie e alti per le imprese) non sono sul sentiero giusto (dovrebbero essere alti per le famiglie che debbono ridurre il proprio debito e bassi per le imprese che debbono fare gli investimenti), così come continua a restare bassa la quota del reddito da lavoro rispetto al reddito nazionale. Poco o nulla s’è mosso dal 2009, nonostante le roboanti promesse e i tanti stimoli, sforzi, piani messi insieme per il salvataggio dell’economia. E, a pensarci bene, è un po’ il bilancio di tutta la presidenza obamiana, tanto che ormai chi ha capito che il presidente dal tocco magico non lascerà alcun segno spera che almeno non lasci sfregi.

(1) http://online.wsj.com/article/SB10001424127887323864604579063560771639746.html

(2) http://www.ft.com/intl/cms/s/0/9b741a4a-1a05-11e3-b3da-00144feab7de.html?siteedition=intl&siteedition=intl#axzz2eaqHAvW6