Nell’immaginario dei media, Paul Krugman (1) è diventato il novello Keynes. Il Nobel per l’economia predica da sempre che la ricetta dello stimolo è l’unica che possa salvare il mondo dalla Grande Depressione, e s’infuria quando s’accorge che non tutti la pensano come lui. S’arrabbia con Barack Obama, perché non ha ancora fatto approvare un secondo pacchetto di stimolo, e anzi lascia che i cosiddetti «merkeliani» avanzino le loro idee all’interno dell’Amministrazione (2).

I «merkeliani» sono soprattutto i consiglieri politici, che hanno a cuore il fatto che non si arrivi alla soglia delle elezioni del 2012 nel momento peggiore della politica tax and spend. La moda europea di mettere a posto i bilanci, poi, è il sommo cruccio di Krugman. Se il Vecchio Continente insiste nel deprimere la domanda con l’adozione di rigide politiche di austerity, spiega il premio Nobel, tutto il mondo ne risentirà, a partire dagli americani. Anche l’Amministrazione Obama su questo è d’accordo, come è emerso durante l’ultimo vertice del G20, soprattutto quando fa le sue valutazioni in vista delle elezioni di mid-term: l’occupazione – il vero obiettivo politico di quest’anno – non può crescere se non c’è una domanda forte all’estero di prodotti americani. Nel suo piano, Obama prevede che le esportazioni statunitensi raddoppino entro il 2015 (3). Soltanto così, secondo lui, si possono creare nuovi posti di lavoro.

Ma l’austerity deprime davvero la domanda? Krugman ne è assolutamente certo, e quando si sente preso troppo di mira da chi sostiene altro rispetto a lui, si ribella. Il premio Nobel sembra tanto spocchioso quanto ironico, soprattutto al di fuori delle sue colonne sul «New York Times», sul suo blog per esempio (4).

È successo con «The Economist», che l’ha citato in un editoriale in cui criticava la posizione krugmanian-keynesiana. Krugman ha risposto (5): «I’m Gonna Haul Out The Next Guy Who Calls Me “Crude” And Punch Him In The Kisser», che è come dire «smettetela di contraddirmi o vi spaccherò il muso».

È successo con John Paulson, che guida un importante hedge fund. Secondo Krugman è in arrivo una Terza Depressione, soprattutto se continua la tendenza all’austerità di buona parte del globo. Paulson, invece, scommette sulla ripresa. Chi ha ragione?, chiede «Businessweek» (6). Entrambi hanno buoni argomenti, soltanto il tempo dirà chi sta facendo la scommessa migliore. Ma Paulson gioca con il mercato, e Krugman con la storia, chiosa il magazine, «che è ben più complesso». Intanto il premio Nobel non si fa sfuggire l’occasione per fare polemica: segnala che Paulson ha perso profitti per due mesi di fila (7) e commenta: «Spero che per Paulson le cose migliorino, ma non scommetteteci troppo».