E' in aumento nel settore agroalimentare il numero di giovani aziende che adottano soluzioni tecnologiche sostenibili per migliorare le previsioni di consumo e limitare la sovra-produzione
In una precedente scheda è stata analizzata l’opportunità del contributo dell’economia circolare alla rigenerazione del capitale naturale attraverso modelli operativi alternativi improntati alla progettazione tecnica dei materiali per massimizzarne l’utilizzo, anche re-immettendoli nel ciclo produttivo. Seri problemi di sostenibilità dovuti all’esaurimento delle risorse, alla crescita demografica ed al cambiamento climatico inducono infatti le istituzioni e le imprese a intervenire a diversi livelli e secondo competenza.
In Europa, ad esempio, la Commissione europea ha recentemente introdotto un pacchetto normativo per limitare i prodotti in plastica monouso e incrementare gli imballaggi riutilizzabili e le imprese hanno risposto agli appelli a una maggior responsabilità sociale con azioni collettive come la Ceo’s Call to Action.
Sul tema molto lavoro è comunque ancora indispensabile: secondo l’ultimo Rapporto ASVIS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, fondata nel 2016 dall’Univerità di Roma Tor Vergata e dalla Fondazione Unipolis), infatti, allo stato attuale degli avanzamenti risulta arduo il raggiungimento degli SDGs,(Sustainable Development Goals, ossia gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite per il 2030).
Tra i settori industriali, in tema di sostenibilità, è particolarmente critico il segmento agroalimentare, per l’impatto diretto delle produzioni sull’ambiente e sulla salute dei consumatori, nonché per la necessità di ridurre gli sprechi e le eccedenze e veicolarli verso organizzazioni votate al recupero e alla redistribuzione a fasce deboli della popolazione. Qui per rispondere alle sfide della sostenibilità è senz’altro centrale operare una profonda riconfigurazione e, secondo l’Osservatorio Food Sustainability, le due vie in questa direzione sono la piena applicazione del paradigma dell’Economia Circolare e la diminuzione delle distanze relazionali e informative tra gli attori a monte e a valle della supply chain.
In campo imprenditoriale generalmente molte proposte innovative originano dalle start-up e ugualmente ciò avviene in ambito agroalimentare, dove il numero di giovani aziende incardinate sugli SDGs è in aumento, specialmente con un orientamento alla prevenzione e alla gestione delle eccedenze alimentari, soprattutto con soluzioni tecnologiche per migliorare le previsioni di consumo e limitare la sovra-produzione. Sperimentazioni di frontiera però spesso richiedono competenze non sempre core, così le collaborazioni si rendono necessarie per estrarre tutte le opportunità di sviluppo delle iniziative multi-stakeholder, soprattutto costituendo un modello di filiera corta, con investimenti relazionali e trasparenza informativa che rendano possibile il trasferimento di best practices a vantaggio della creazione di valore sostenibile.
Le rilevazioni dell’Osservatorio Food Sustainability, della School of Management del Politecnico di Milano, mostrano che il totale delle start-up agri-food attive è cresciuto da 2.026 a 4.242 in un solo anno e che il 19,7% perseguono uno o più target sostenibili.
Tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, l’attenzione è particolarmente rivolta, oltre che alla povertà e allo spreco alimentare, all’uso efficiente delle riserve idriche e al turismo responsabile (Figura 1). Le principali soluzioni rilevate attengono infatti maggiormente all’incremento dei redditi dei produttori su piccola scala grazie a migliori accessi alle risorse produttive e sbocchi sul mercato (SDG 2, target 2.3); a rendere i raccolti più produttivi e resilienti ai cambiamenti climatici (SDG 2, target 2.4); a limitare eccedenze e sprechi alimentari (SDG 12, target 12.3); ad individuare soluzioni chimiche green che migliorino le rese e preservino l’ambiente (SDG 12, target 12.4); ad ottimizzare l’efficienza (SDG 12, target 12.2). Sono invece più limitate le iniziative per garantire l’accesso al cibo (SDG 2, target 2.1), per ottimizzare l’utilizzo equo delle risorse idriche (SDG 6, target 6.4) e per promuovere il turismo sostenibile e le produzioni globali (SDG 8, target 8.9).
A livello internazionale le start-up agri-food orientate alla sostenibilità si localizzano con maggior densità in Israele, Svizzera e Indonesia (Figura 2), mentre l’Italia si colloca al settimo posto.
In Israele le start-up si concentrano sulle innovazioni tecnologiche e digitali per incrementare la produttività nel settore agricolo (qui, ad esempio, ciò è risultato possibile rilevando direttamente dal campo tutti i dati relativi allo stato di salute delle coltivazioni in termini di crescita o di deperimento e potendo così attivare tempestivi interventi ad hoc). In Svizzera invece gli investimenti emergenti sono rivolti alle biotecnologie e alla pro-biotica (qui ad esempio molta attenzione è volta a realizzare brevetti nel campo dell’integrazione pro-biotica nei mangimi, con il preciso scopo di migliorare il benessere degli animali). In Indonesia, infine, le soluzioni tecnologiche sono mirate a supportare l’attività agricola e la scalabilità (qui ad esempio, da un lato, creando reti tra agricoltori e proprietari terrieri si valorizza l’utilizzo di terre altrimenti lasciate inutilizzate e, d’altro lato, creando reti tra produttori e acquirenti si promuovono scambi diretti e si riduce il numero degli intermediari).
Complessivamente è la tecnologia il fattore che facilita le nuove soluzioni per la sostenibilità: lungo la filiera sono proprio i fornitori di servizi a promuovere principalmente l’innovazione (Figura 3). Per le imprese, il fatto di perseguire obiettivi di sostenibilità comporta la possibilità di ottenere finanziamenti (Figura 4), che ammontano globalmente a 2 miliardi di dollari in un quinquennio e sono maggiori negli Stati Uniti (1,4 miliardi di dollari e mediamente 8,7 per ogni start-up) e inferiori in Europa (318 milioni di dollari con una media di 3,4 milioni di dollari) e in Asia (293 milioni di dollari e 6,6 a start-up). In Italia, invece, i finanziamenti sono contenuti e pari a 1,8 milioni di dollari (con una media di 0,4 milioni di dollari per start-up) e ciò comporta una certa stasi del mercato nazionale.
Alcune sperimentazioni attivate
Tra le start-up agri-food orientate alla sostenibilità mappate dall’Osservatorio Digital Innovation sul panorama internazionale si possono citare Ninjacart (fondata nel 2015 in India per sviluppare una piattaforma tra piccoli produttori ortofrutticoli e rivenditori locali), Songxiaocai (fondata nel 2014 in Cina per offrire servizi di picking e di distribuzione di ortofrutta e servizi di assistenza post vendita per rivenditori di piccole e medie dimensioni); Indigo (fondata nel 2014 negli Stati Uniti per incrementare la produttività e la resa dei raccolti grazie alla microbiologia naturale), Sundrop Farms (fondata in Inghilterra per realizzare una serra intelligente alimentata da energia solare e acqua marina), Matsmart (fondata nel 2014 in Svezia per rivendere online le eccedenze alimentari dei punti vendita) e Karma (fondata nel 2015 in Svezia per segnalare tramite app promozioni e sconti sui prodotti in eccedenza nei punti vendita).
Si è detto che le start-up agri-food orientate alla sostenibilità sono perlopiù localizzate in Israele, Svizzera e Indonesia, come ad esempio Prospera Technologies (che in Israele sviluppa tecnologie di computer vision per monitorare lo stato delle coltivazioni e aggiornare gli agricoltori tramite dispositivi mobile o web) e Taranis (che sempre in Israele ha sviluppato un sistema integrato di tecnologie digitali per monitorare lo stato di salute dei raccolti) o TwentyGreen (che in Svizzera ha brevettato un integratore pro-biotico per mangimi con effetti benefici per l’allevamento, la salute animale e l’ambiente) e IGlow (che in Indonesia tramite un marketplace ha messo in rete piccoli agricoltori, proprietari terrieri e investitori per realizzare un sistema organico e inclusivo). Sul panorama nazionale, due esempi di giovani imprese italiane particolarmente interessanti e localizzate rispettivamente a Perugia e Modena sono invece Agricolus (che ha sviluppato una piattaforma Cloud per raccogliere dati dalle immagini satellitari per elaborare piani mirati a prevenire malattie e sprechi agricoli) e Robotica (che ha ideato una serra idroponica intelligente per coltivare nelle abitazioni un piccolo orto con diverse varietà di piante).
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