I sondaggi dicono che François Hollande sarà il nuovo presidente di Francia all’inizio dell’estate (è dato al primo turno al 30 per cento contro il 23 di Sarkozy e al 58 per cento contro 42 al secondo turno, ammesso che non ci sia un outsider al secondo turno). Il margine di errore è alto – manca ancora tanto tempo, il presidente Nicolas Sarkozy è nella fase meno popolare della sua presidenza ma è un mastino elettorale.

 

Ancora non abbiamo visto niente – ma qualcuno inizia a fare i suoi calcoli. A Berlino ci si preoccupa, tanto che la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha deciso di aiutare Sarkozy durante la campagna, mossa quanto mai inconsueta, soprattutto dopo tutto quel che s’è detto sulle divergenze franco-tedesche. A Parigi si fanno i calcoli: come sarà, economicamente parlando (che è poi l’unica preoccupazione vera degli elettori europei), una presidenza Hollande?

 

Il suo programma di 60 punti non ha un’idea portante (pure il riferimento al cambiamento è ormai roba vecchia, l’unica cosa divertente dell’hollandismo è il “gesto elettorale”, quel movimento che fanno i fan ripetendo lo slogan e disegnando con le mani una specie di H).

 

Politicamente, è stato letto come un affondo mitterrandiano: uniamo tutta la sinistra, dai moderati ai più estremi, e si può dire che di fatto sia un classico programma di sinistra. Vuole tassare i ricchi, creare 150 mila posti di lavoro nel settore pubblico (60 mila nell’istruzione), rivedere la riforma del lavoro sarkozista che ha portato l’età pensionabile a 60 anni alzando le spese di 20 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. E’ il classico programma “tassa e spendi”, con un problema: il debito francese è al 90 per cento del prodotto interno lordo, ed è vero che l’austerità è passata di moda, ma il collasso europeo è ancora possibile.

Sarkozy, che ha contribuito ad aumentare questo debito con l’aggravante di una disoccupazione pericolosamente vicina alle due cifre (è al 9,9 per cento), si è invece ispirato ai tedeschi, alla competitività tedesca, alla riforma del lavoro dell’ex cancelliere socialdemocratico Schröder (che detesta Hollande, soliti capricci da sinistra europea), con un aumento dell’iva dal 19,6 al 21,2 per cento. Il suo programma è più realistico rispetto a quello di Hollande, ma naturalmente pure Sarkozy ha un problema, ben più visibile dei conti: parla come se non fosse stato lui il presidente, in questi ultimi 5 anni.