Editoriali archivio - 6 minuti
Dove intendiamo andare se non puntiamo su genitori e figli? Qualche idea per sperimentare la ripartenza dai piccoli centri. Insieme agli anziani.

Siamo vecchi, sempre più vecchi. I primi dati sul censimento della popolazione che stanno arrivando dall’Istat non sono una sorpresa, purtroppo. Ma restano impietosi. Cinque over 65 ogni bambino. Stiamo ragionando di ripartenza. Dove intendiamo andare se non investiamo sulle famiglie?

Su questo fronte l’Italia è molto indietro rispetto ad altri Paesi. Le politiche di sostegno per la famiglia sono sempre state insufficienti e farraginose. La vicina e laicissima Francia si è impegnata fin dal secondo dopoguerra con genitori e figli: c’è il quoziente familiare, uno strumento che ha certamente molto aiutato, anche se non arginato, specie negli ultimi anni, il trend demografico.

Miopia ed egoismo

Il Belpaese è un capolavoro di miopia e di egoismo, governi democristiani in testa. Abbiamo delle responsabilità anche noi cittadini: il tema della famiglia non si è mai rilevato dirimente nel premiare o punire i partiti; nonostante le promesse mai mantenute nelle permanenti campagne elettorali; nonostante le insulse dichiarazioni sui valori non negoziabili e sui sacri valori da parte di parlamentari che magari saltano allegramente da un letto all’altro. Grosso guaio essere troppo vicini al Vaticano e buttare tutto in ideologia. Ma tant’è.

Family Act

L’attuale ministra per la Famiglia Elena Bonetti sta lavorando bene e s’impegna molto. Ma durerà? La discontinuità governativa è un problema enorme. Ciò che ha previsto con il Family Act e l’assegno unico è un cambiamento importante. Ma il cammino è ancora lungo: si parla del primo luglio 2021 con uno stanziamento di 3 miliardi che dovrebbe raddoppiare nel 2022. Ma di mezzo ci sono la legge di bilancio, il Recovery Fund (non dimentichiamo però che l’iniziativa europea si chiama Next Generation), le liti dei Palazzi romani (e che a fine luglio inizierà pure il semestre bianco del presidente Sergio Mattarella). Per cui possiamo dire che è tutto in bilico.

Lavoro domestico

C’è poi un altro aspetto, spesso sottovalutato in questi ragionamenti: il lavoro domestico. Le famiglie italiane sono come una grande azienda che occupa circa 850mila persone. Sono colf, badanti e babysitter che risultano regolarmente assunte e di cui ha traccia l’Inps. Ma ce ne sarebbero più del doppio in nero. Un datore di lavoro può a malapena detrarre i contributi trimestrali pagati durante l’anno. Il nuovo contratto collettivo sul lavoro domestico, siglato lo scorso settembre, ha introdotto la definizione di “assistenti familiari”: ne avremo sempre più bisogno, specie per la cura dei nostri anziani. Ma in primavera, per dire come siamo pasticcioni, è stato previsto un contributo bimestrale a fondo perduto: è finito nelle tasche di colf, badanti e babysitter contrattualizzate invece che alle famiglie che le avevano regolarmente pagate anche se rimaste a casa per il lockdown. Buon per loro, ma ha senso?

Dove andiamo?

Insomma, dove andiamo se in Italia vengono considerati non più fiscalmente a carico dei genitori i figli minori di 24 anni con un reddito annuale superiore o uguale a 4.000,00 euro al lordo delle imposte e di 2.840,51 euro se in età superiore ai 24? E se – per dire il cranio di certi nostri connazionali – i “costi” per le violenze ai cantieri Tav in Valle di Susa superano ormai i 60 milioni di euro di noi contribuenti con cui si sarebbero potute mettere in piedi molte iniziative per le famiglie?

Una proposta

Che fare allora? In attesa che nei Palazzi di Roma finiscano di litigare, proviamo a immaginare qualche strada concreta? Sperimentiamo? Per esempio, in attesa del Family Act, si potrebbe partire dalle piccole località di campagna o di montagna. Spesso disabitate e ora anche alle prese di riconvertire il marketing territoriale su dodici mesi: le località sciistiche sono ferme e, come se non bastasse, il climate change porterà la neve sempre più in alto. Molti stanno pensando di spostarsi in centri più a misura d’uomo.

Intanto, si potrebbero immaginare forme serie per incentivare startup e famiglie giovani affinché s'insedino in queste località. Si potrebbero coinvolgere operatori delle Tlc e delle infrastrutture digitali per sponsorizzare collegamenti adeguati (buone connessioni, per lavoro, scuola e università). Creando anche delle community di anziani: in alloggi autonomi, ma con servizi e spazi condivisi, compresa l'assistenza medica e familiare (generando dunque lavoro per colf e badanti, ma non solo). I Comuni - o le associazioni territoriali degli enti locali - potrebbero scendere in campo con agevolazioni per le seconde case sfitte. Ristrutturate? Magari non pagate più l'Imu, ma la tassa di soggiorno. E via di questo passo, strutturando - de facto - promettenti laboratori intergenerazionali di dialogo, promuovendo al meglio altri servizi e sistemi di trasporto locale. Si troverebbero così soluzioni in grado di disegnare il "new normal", anche con una buona pratica di advocacy

Perché non pensarci?

Questa ipotesi, inoltre, potrebbe diventare un modo per studiare soluzioni per un Welfare che avrà sempre più bisogno del contributo di tutti. D'altronde, il "modello Italia che tutti ci imitano" ha il record mondiale dei morti. Ne abbiamo parlato molto in queste settimane a Mondo Economico. Siamo in vetta per il numero di anziani, ma non per quello degli anni di vita in buona salute. Per di più, testiamo in ritardo, curiamo e ricoveriamo in ritardo. Non abbiamo mai provato a proteggere i fragili (e gli uffici postali sono sempre più assediati dalle code di vecchietti). Si è scelta in prima battuta la strategia di "soppressione" del virus, anziché della riduzione dell'impatto dei suoi effetti.

Una scelta perdente. In fin dei conti figlia anche della scarsa cultura della famiglia che abbiamo in Italia. 

Qualche link utile per documentarsi:

Francesco Antonioli (Torino, 1963), giornalista, content manager, saggista. Direttore di Mondo Economico dal 2020 al 2023. Ha lavorato a lungo al Sole 24 Ore, dopo essere stato all'Ansa, ad Avvenire, a Raidue. Si occupa di economia, cultura, religioni, education e politiche familiari. Adesso è contributor di Stampa e di Repubblica (Gruppo Gedi). Insegna Comunicazione economica e finanziaria all'Istituto europeo di Design (Ied).
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