Quando c’è una crisi bisogna costruire autostrade e ponti? Gli economisti e le istituzioni, dai tempi del New Deal in poi, si sono spesso divisi sulla questione, oscillando fra i due estremi della fiducia nella spesa pubblica come vettore della crescita più che proporzionale del PIL, da una parte, e dell’idea che non esistono pasti gratis e che quindi, se lo Stato spende, prima o poi qualcuno dovrà pagare quella spesa e gli interessi, con maggiori tasse, dall’altra.

La spesa in deficit per opere pubbliche serve al rilancio della domanda di consumi o, viceversa, solo l’austerity può salvare un’economia dal tracollo definitivo?
La diatriba, in realtà superata già da anni dalla scuola di pensiero ufficiale del FMI, a favore di aumenti sostanziali degli investimenti nelle infrastrutture pubbliche per uscire da una crisi, non ha più ragione di esistere oggi, nel mezzo di un’emergenza sanitaria globale in una società post-industriale.

Le opportunità esistono: Recovery Fund e Next Generation Eu, gli strumenti del piano predisposto dall'UE per aiutare gli Stati membri, l’Italia in primis, ad attenuare l'impatto economico e sociale della pandemia. Forniranno infatti i prestiti e  le sovvenzioni necessarie per sostenere le riforme e gli investimenti e rendere le economie e le società europee più sostenibili e resilienti.

Se la transizione ecologica e quella digitale sono i cardini del piano, in teoria ogni infrastruttura pubblica potrà beneficiare di nuovi progetti, un’occasione evidentemente unica per modernizzare i Paesi e rilanciare l’economia.

Mondo Economico ha deciso di seguire questa fase particolarmente delicata dedicandole una nuova apposita sezione, “Infrastrutture”. L’intento, nello spirito di servizio della testata, è illustrare i principali progetti in corso e quelli futuri, analizzando lo stato dell'arte con approfondimenti, documenti e contenuti multimediali.

Saprà la nostra classe politica sfruttare questa occasione per aprire un nuovo corso con tempi e modi di realizzazione più “europei” e moderni? Si riuscirà una volta per tutte a evitare su questi temi il conflitto soltanto ideologico e ragionare invece su dati e numeri per imprimere una accelerazione allo sviluppo?

Per il momento il governo Conte 2 ha impostato il Recovery Plan da inviare a Bruxelles, indicando 48 progetti che ritiene prioritari, e ha finalmente inviato al Parlamento l’elenco dei commissari (dirigenti di Anas, Rfi e ministero delle Infrastrutture) per 59 opere da velocizzare, come prevedeva l’apposito decreto “sblocca cantieri”, fra le quali spiccano le 16 per la rete ferroviaria e le 14 per quella stradale

Oltre alle infrastrutture di trasporto, intendiamoci, è importante non trascurare le infrastrutture tecnologiche, settore nel quale l’Italia continua a trascinarsi ben sotto la media europea. Un Paese moderno, che vuole abitare a pieno titolo il villaggio globale, deve superare le diseguaglianze, migliorando mobilità, trasporti e telecomunicazioni, con scelte libere e indipendenti - da lobby e interessi particolari – in grado di favorire e non di pregiudicare il futuro delle nuove generazioni.