Si trovano sui giornali e alle televisioni i commenti degli andamenti giornalieri delle borse. Ogni giorno si trova un titolo o un commento che accredita il movimento di borsa a un qualche evento. Sembra ovvio che il movimento giornaliero dei prezzi sia legato ad un evento, ma ovvio non è. Proviamo ad argomentare.

Prima argomentazione.

Intanto che cosa è il movimento dei prezzi? E' esso significativo oppure non lo è? Se il movimento dei prezzi è all'interno di un intervallo prevalente, il movimento dei prezzi non è significativo. La media della deviazioni della media – la deviazione standard – è il concetto cruciale. Se la deviazione standard è dello 0,5% in su o in giù, allora un movimento giornaliero che si muove fra +0,5% e -0,5% non è significativo, è solo “rumore”. Commentarlo può essere interessante, ma non ha un gran significato. Delle variazioni di questo tenore si possono, infatti, avere con qualsiasi combinazione di eventi. Tradotto: gli eventi sono tanti e in media producono quelle variazioni catturate dalla deviazione standard.

Seconda argomentazione.

Per sostenere che il movimento dei prezzi di un certo giorno di dipende da un evento si dovrebbe mostrare quale sarebbe stato l'andamento di borsa senza l'evento. Ossia, si dovrebbe disporre un simulatore capace di dire che cosa sarebbe successo senza l'evento.

Conclusioni.

Perciò in assenza di movimenti che vadano oltre la deviazione standard e in assenza di un simulatore che calcola “che cosa sarebbe altrimenti successo se” - simulatore che però non esiste -, non si può dir niente di preciso. Immaginate allora il programma televisivo che parla della borsa. Il conduttore “scientifico” si presenta, e, mesto, afferma: “oggi non è successo nulla”. Lo manderebbero via per sostituirlo con un conduttore sorridente - quando tutto sale - oppure cupo - quando tutto scende - che afferma: “oggi la borsa è flessa perché ..."

Che cosa si può allora dire?

Se ci atteniamo ad una lettura distaccata degli andamenti correnti dell'economia, ossia se seguiamo una lettura legata a delle variabili definite, variabili che hanno dato mostra nel tempo di essere efficaci, tutto quello che possiamo dire oggi è che la crescita degli Stati Uniti sta accelerando, mentre nell'Euro zona l'economia sta sì rallentando, ma non sta ancora entrando in recessione. E' un po' poco per un articolo o un commento televisivo di ogni giorno, ma di più “non si può dire”. Proviamo ad articolare un ragionamento “che si può dire”.

1 – Il Quantitative Easing (QE) – l'acquisto da parte della banca centrale di obbligazioni pubbliche e private – negli USA dovrebbe terminare perché la sua produttività è decrescente. Il primo QE aiutò la ripresa dell'economia che rischiava - con la caduta dell'offerta di risparmio e con la contrazione del credito - di non riuscire a finanziare gli investimenti. Il secondo QE ha agito nella stessa direzione, ma con una efficacia inferiore, perché l'economia cominciava già a riprendersi. Il terzo QE non sta producendo degli effetti di rilievo, perché l'economia ormai si sta riprendendo e – con la ripresa del risparmio e della crescita del credito - riesce a finanziare gli investimenti. Il grafico - che trovate qui (1) - mostra come il risparmio offerto – risparmio dei privati e della pubblica amministrazione, del saldo della bilancia con l'estero e degli investimenti diretti esteri ultimamente è raddoppiato dal minimo del 2009. L'economia USA sta accelerando, mentre termina il QE, che ha ben funzionato e che ora funziona meno. Gli indicatori tendenziali dell'economia statunitense li trovate qui, così come trovate la loro relazione con la crescita misurata dal PIL (2).

2 – Il QE nell'Euro-zona non dovrebbe funzionare molto sul versante dei titoli privati perché essi sono pochi – in Europa il finanziamento dei privati passa dal settore bancario e non da quello delle obbligazioni - e non può esserci (3) sul versante di quelli pubblici – la banca centrale può comprare i titoli del Tesoro solo in maniera indiretta, in forma di finanziamento delle banche che fanno. L'economia dell'Euro-zona sta decelerando, mentre inizia un QE che ha un effetto molto limitato. Gli indicatori tendenziali dell'economia dell'Euro-zona li trovate qui, così come trovate la loro relazione con la crescita misurata dal PIL (4).

3 – I tassi potrebbero salire negli USA più velocemente delle aspettative. Se in un paio di anni il tasso di interesse tendesse al 3%, ecco che il rendimento dell'obbligazione decennale dovrebbe rendere ben più del 3% - ossia i dieci anni cumulati di rendimenti a breve al 3% più il “premio a termine”, ossia il sovra-rendimento che copre dal rischio tasso. In Europa i tassi dovrebbero, invece, restare bassi molto a lungo. I rendimenti ultra-compressi dei titoli tedeschi spingono a comprare quelli italiani e spagnoli. Si dovrebbe avere una domanda di dollari legata ai differenziali delle curve dei rendimenti fra Stati Uniti ed Euro-zona.

(1) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3932-terminare-il-qe-%C3%A8-pi%C3%B9-difficile-che-avviarlo.html

(2) http://bepperusso.com/congiuntura-usa-ed-europa-divergono-i-risultati-del-nuovo-indicatore-bwi/

(3) http://temi.repubblica.it/limes/cosa-puo-e-cosa-non-puo-fare-mario-draghi-per-salvare-leurozona/66019

(4) http://bepperusso.com/congiuntura-usa-ed-europa-divergono-i-risultati-del-nuovo-indicatore-bwi/