Abbiamo appena pubblicato il ragionamento sulla fragilità della Russia, prima della caduta del prezzo del petrolio. Segue in linea logica il ragionamento sul perché il prezzo del petrolio sia precipitato da cento dollari al barile a sessanta.

Esponiamo prima il ragionamento classico sul petrolio, e poi, ma discutiamo delle novità. In breve, il prezzo del petrolio è stato regolato dalle necessità economiche e politiche dei Paesi produttori (la ricerca del consenso), ma oggi si hanno due novità: a) come mettere in difficoltà alcuni Paesi, b) come mettere in difficoltà i produttori di petrolio proveniente dalla frantumazione delle pietre (shale oil).

Ecco il ragionamento classico. A) Abbiamo una risorsa che si esaurisce, controllata dai governi, con la spesa pubblica che si finanzia con i proventi petroliferi. B) I Paesi petroliferi hanno l’obiettivo di avere il massimo di introiti. Da qui parte il ragionamento. C) Essi espandono l’offerta fino al punto in cui hanno ottenuto il reddito necessario per finanziare la spesa pubblica. Che questa si riversi nella costruzione di ospedali oppure nel mantenimento di migliaia di principi non rileva. D) Ottenuto questo reddito, se il prezzo del petrolio sale ancora, allora i Paesi petroliferi riducono la produzione. A loro, infatti, conviene non sprecare una risorsa non rinnovabile. E) Dunque “investono” tenendo il petrolio sotto terra. Riducono la produzione, e perciò, con una domanda in ascesa, i prezzi esplodono.

Che cosa accade? F) Dopo che il prezzo del petrolio è diventato molto alto, la domanda nel complesso del mondo si riduce. Si aveva all’inizio, con la gran crescita economica, una domanda superiore all’offerta, ma poi, si ha un’offerta superiore alla domanda, ed i prezzi cadono.

Può accadere che il prezzo del barile vada sotto il prezzo che paga la spesa pubblica. Ecco che i paesi petroliferi hanno un problema. F) Avevano la spesa pubblica desiderata con un prezzo del petrolio più alto. I loro introiti potrebbero aumentare solo se tagliassero la produzione, ciò che farebbe salire il prezzo.

Ma non è facile decidere tutti insieme di tagliare la produzione. Ed è quello che accade oggi. I Paesi petroliferi hanno chiesto di ridurre l'offerta, ma l'Arabia Saudita si è rifiutata. Perché?

Il ragionamento “classico” sul petrolio mostra come si abbiano fisiologicamente dei periodi di eccesso di domanda oppure di offerta che fanno variare moltissimo il suo prezzo. Avevamo concluso che quando si ha un eccesso di offerta è difficile – ma non impossibile - che i produttori si mettano d'accordo per tagliare la produzione. Oggi però i Sauditi si oppongono al taglio della produzione che ne farebbe salire il prezzo. Ciò che lede gli interessi sauditi. Ma allora perché lo fanno? Un'ipotesi affascinante è questa.

Si abbiano due tipologie di produttori: A) quelli che estraggono il petrolio frantumando le rocce, e quelli che lo pompano fuori da bacini immensi in uso da tempo, bacini che non hanno bisogno di grandi investimenti per continuare a funzionare. B) Nel primo caso si ha una produzione che si esaurisce in fretta, nel secondo una produzione che si esaurisce piano piano nei decenni. C) Perciò chi estrae petrolio frantumando rocce deve passare continuamente da un pozzo all'altro per avere una produzione costante. D) Per frantumare si spende molto, perciò il prezzo del petrolio deve essere alto. Inoltre, l'estrazione avviene essenzialmente a debito. E) Se il prezzo il petrolio scende, frantumare diventa poco conveniente, mentre si scivola verso l'insolvenza finanziaria dei produttori. F) Ecco che allora conviene “uccidere nella culla” questi produttori. Si guadagna meno oggi, ma si guadagnerà di più domani. G) Facendo i conti in valore attuale (perdo oggi, guadagno domani, e riporto il tutto all'oggi con un tasso di sconto opportuno), allora ai Sauditi conviene avere oggi un prezzo del petrolio debole. H) Ciò che conviene ai Sauditi, che hanno risorse a sufficienza per bilanciare i minori introiti da petrolio, ma non conviene a chi non ha queste risorse. La Russia e l'Iran non riescono a pagare la spesa pubblica, quella volta a ottenere il consenso, con i bassi prezzi del petrolio. Una parte cospicua dei loro introiti statali sono, infatti, il frutto del reddito da petrolio.

Dunque non tagliando la produzione i Sauditi mettono in difficoltà chi non gli è amico (l'Iran), chi non è amico dei loro amici (la Russia), e chi, fra i loro amici, è un concorrente potenziale (i produttori di petrolio da frantumazione delle rocce).