L'economia italiana, che da anni sta lottando per uscire dalla più lunga recessione della sua storia, dovrebbe trarre beneficio dalla manovra del Quantitative Easing con cui la Banca Centrale Europa ha immesso nel mercato bancario più di un miliardo di euro. Anche le previsioni della Commissione Europea sembrano andare in questa direzione, stimando una crescita per l'economia italiana dello 0,6 per cento del Pil per il 2015.
Eppure secondo il Fondo Monetario Internazionale i segnali di ripresa della nostra economia, sostenuta in particolare dalle esportazioni e da un leggero miglioramento della domanda interna, rimangono in attesa di conferme più decise. Le proiezioni pubblicate dal World Economic Outlook stimano per l’Italia una crescita dello 0,4% nel 2015 e dello 0,8% nel 2016. A pesare sul Bel Paese, oltre alla debolezza dell’intera Eurozona, la domanda di investimenti che stenta a decollare, il credit crunch e la lentezza delle riforme strutturali (1).
A livello mondiale, il Prodotto interno lordo (Pil) dovrebbe aumentare solo del 3,5% nel 2015 e del 3,7% nel 2016, una diminuzione di 0,3 punti rispetto alle proiezioni elaborate nel mese di ottobre. "I nuovi fattori a sostegno della crescita, fra cui il calo del prezzo del greggio, il deprezzamento dell'euro e dello yen, e una politica fiscale meno restrittiva, ha precisato il capo-economista del Fondo, Olivier Blanchard, non saranno infatti sufficienti a spingere la crescita economica mondiale frenata da alcuni fattori negativi, fra cui la persistente eredità della crisi e il minor potenziale di crescita in molti paesi.
A preoccupare gli analisti del Fmi, l’impatto del calo dei prezzi del greggio per i Paesi esportatori che dipendono dal petrolio per buona parte delle loro entrate fiscali, e le difficoltà dei Paesi emergenti, tra cui la Cina dove la crescita degli investimenti è diminuita nel terzo trimestre del 2014, e alcuni indicatori segnalano un ulteriore rallentamento. E se l‘Outlook limita per previsioni anche per il Giappone, confermando la scarsa fiducia nel mix di investimenti statali e allentamento monetario, chiamata Abenomics, e per la Russia, dove il crollo riflette "la forte riduzione dei prezzi del petrolio e l'aumento delle tensioni geopolitiche", conferma gli Stati Uniti come la locomotiva per l’economia mondiale, con una crescita del 3,6% nel 2015 (+0,5 punti) e del 3,3% nel 2016 (+0,3 punti). “In sostanza vi è un bisogno urgente, si legge nel rapporto, di riforme strutturali in molte economie, sia avanzate che emergenti, sebbene le priorità di politica macroeconomica siano differenti”.
Con riferimento all’area dell’euro, secondo gli analisti del Fondo Monetario Internazionale, i rischi di deflazione e i limiti di manovra della politica monetaria a causa dalla vicinanza a zero dei tassi nominali, determinano un tasso di espansione molto più modesto, pari all'1,2% quest'anno (-0,2 punti) e all'1,4% il prossimo (-0,3 punti). E mentre il ritorno della Grecia agli onori della cronaca ha il potenziale di destabilizzare i mercati, la Spagna è l'unico dei grandi Paesi dell'Eurozona che dovrebbe crescere quest'anno del 2%, un +0,3% in più rispetto alle stime di tre mesi fa. Giù invece Francia e Germania per il quale il Fondo monetario vede ora una crescita dell'1,3% quest'anno (-0,2 punti) e dell'1,5% il prossimo (-0,3 punti). “In sostanza nell’Eurozona, è necessaria una politica accomodante per aumentare le prospettive di raggiungere l'obiettivo di inflazione della Bce, anche sostenendo la domanda, data la crescita debole e fragile, i larghi gap della produzione e un'inflazione molto bassa”, conclude il Rapporto.
1. http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2015/update/01/pdf/0115.pdf
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