Si è riaperto improvvisamente il dibattito sulle pensioni. Le polemiche oggi vertono sui contributi dei migranti, e sull'allungamento dell'età della pensione. Per inquadrare la vicenda può essere utile riproporre quei nostri lavori che si pongono l'obiettivo di affrontare il problema nei termini più generali.

 

La transizione demografica

1 - Inizialmente si ha un gran numero di nascite e di decessi, soprattutto nei primi anni di vita. Il saldo è vicino allo zero, ossia la popolazione cresce molto poco. Nella prima fase, inoltre, si vive poco. Ergo il trasferimento pensionistico dura poco o niente: uno va in pensione e poco dopo muore.

2 - Poi cadono – per i progressi delle medicina, dell'igiene, dell'alimentazione – i decessi, mentre le nascite – più di due figli per donna - hanno lo stesso andamento di prima. Segue un'esplosione della popolazione. Nella seconda fase vi sono molti giovani e pochi anziani. Vi erano una volta in Italia otto giovani per ogni anziano. Le pensioni pesano quindi poco sul reddito dei giovani. Se, per esempio, il reddito dei giovani e quello dei pensionati fosse eguale, ogni pensionato costerebbe un ottavo del reddito dei giovani occupati.

3 - Dopo di che nascono poche persone – si ha un numero di nascite per donna inferiore a due – mentre continuano a vivere quelli nati nel periodo precedente, quando si è avuta la divaricazione fra le tante nascite e le poche morti. Nella terza fase vi sono poco più di due giovani per ogni anziano – previsione per l'Italia dopo il 2030. Le pensioni pesano perciò molto sul reddito dei giovani. Il peso varia a secondo della produttività che si è raggiunta.

4 - Nel periodo successivo muoiono quelli nati all'epoca della divaricazione (i “baby boomers”), con la popolazione che intanto decresce lentamente – perché si hanno ancora meno di due figli per donna. Man mano che decede la generazione dei baby boomers, la quota di persone anziane in rapporto alle altre fasce di età si contrae. Si ha una quota simile di persone di diversa età. Nella quarta fase si ha perciò una quasi parità fra giovani ed anziani ed il sistema pensionistico diventa più leggero dal punto di vista dei giovani, perché si hanno meno anziani per unità di giovane.

Insomma, nel lungo periodo le cose si aggiustano, mentre nel breve il peso delle pensioni morde.

Per approfondire: http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/4381-la-transizione-demografica-schema.html

 

Dei diversi sistemi

Finora non abbiamo distinto i sistemi a ripartizione da quelli ad accumulazione. Il sistema a ripartizione ovviamente differisce da quello ad accumulazione, ma i due sistemi si equivalgono quando il tasso di crescita del PIL è eguale al rendimento del fondo pensioni. Il sistema a ripartizione ha poi una duplice natura, quello con pensioni superiori ai versamenti e quello con pensioni eguali ai versamenti, il sistema detto contributivo. Qui di seguito immaginiamo un sistema a ripartizione solo contributivo.

Ecco il ragionamento per il sistema a ripartizione:

1) i giovani lavorano e pagano la pensione agli anziani; 2) si ha il monte salari (WN) da cui viene effettuato un prelievo (t) che paga la pensione agli anziani; 3) supponiamo che l'economia cresca per il solo aumento della popolazione, ossia assumiamo che la produttività – il prodotto per occupato - non cresca; 4) le pensioni saranno eguali al Monte Salari (WN), che è cresciuto come la popolazione (n), da cui è effettuato il prelievo (t).

Ecco il ragionamento per il sistema ad accumulazione:

1) i giovani lavorano ed accumulano la pensione per quando saranno anziani; 2) si ha il monte salari (WN) da cui viene effettuato un accantonamento (t) che viene investito al tasso di interesse vigente (r); 3) supponiamo per ora che l'economia cresca per il solo aumento della popolazione, ossia assumiamo che la produttività – il prodotto per occupato - non cresca; 4) la pensione finale sarà eguale ai versamenti (t) che cumulano un interesse (r) lungo tutto l'arco temporale dei versamenti.

Se il tasso di crescita della popolazione e il tasso di interesse sono eguali i due sistemi si equivalgono. Se il tasso di interesse è maggiore (r>n), allora è meglio il sistema ad accumulazione, e viceversa, se (r<n).

Complichiamo il modello, nel punto 3):

assumiamo che la popolazione cresca e che cresca anche la produttività. Assumiamo inoltre che i salari aumentino nella stessa misura della produttività. A quel punto il PIL (g) aumenta come il prodotto della crescita della popolazione (n) e della produttività (p). 4) nel sistema a ripartizione il monte salari crescente registrerà un prelievo costante per le pensioni (t), che però, a differenza di prima, aumenta di più nel corso del tempo e si trasforma in una pensione maggiore. 4Bis) nel sistema ad accumulazione il monte salari registrerà degli accantonamenti (t) crescenti perché aumenta il monte salari; accantonamenti che si rivalutano quanto il tasso di interesse (r).

Se il tasso di crescita del PIL e il tasso di interesse sono eguali i due sistemi si equivalgono. Se il tasso di interesse è maggiore (r>g), allora è meglio il sistema ad accumulazione, e viceversa, se (r<g). Se si prevede il tasso di interesse sarà per decenni maggiore della crescita, allora il sistema ad accumulazione ha una sua solida ragion d'essere. Naturalmente, poiché i sistemi ad accumulazione investono principalmente nel debito pubblico, si deve esplicitamente assumere che i Tesori saranno solventi.

Per approfondire: http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/4098-pensioni-a-ripartizione-ed-accumulazione.html