I dati economici della Spagna continuano a essere positivi, malgrado la non facile situazione politica interna
Overview sull’economia iberica
La Spagna viene spesso confrontata con l’Italia. Ma se trent’anni fa, il confronto era nettamente a nostro favore, oggi gli iberici ci stanno superando: molti indicatori, dal pil per abitante al numero di studenti e laureati in rapporto alla popolazione, segnalano proprio questo sorpasso.
I dati economici continuano a essere positivi seppur in rallentamento rispetto agli anni precedenti: secondo le stime e le previsioni della Commissione Europea, la crescita del PIL che era stata del 2,8 per cento lo scorso anno, si attesterà attorno al 2,1 per cento quest'anno e al 1,9 per cento nel 2020; la crescita ha fatto registrare un +2.4 per cento nel primo trimestre del 2019 e un +2.3 nel trimestre precedente (Figura 1 e Figura 2). Si tratta di dati positivi, superiori alla media degli altri paesi dell'Unione, che si inseriscono in un quadro di generale rallentamento dell'economia europea e che hanno consentito all'economia spagnola di superare i livelli precedenti alla crisi, traguardo dal quale l’Italia è ancora lontana.
Rimane sotto controllo anche l'inflazione che era stata dell'1,8 per cento nel 2018 ed è prevista in calo all’1,1 per cento nel 2019; i dati dell’INE, l’istituto spagnolo di statistica, confermano questo trend e mostrano addirittura un calo dell’inflazione nel mese di giugno fino allo 0.4 per cento (Figura 3). Nel 2018 il governo di Madrid ha contenuto il deficit pubblico al 2,5 per cento del PIL, come conseguenza di un aumento sia delle spese che delle entrate e nel 2019 è prevista un'ulteriore riduzione del deficit al 2,3 per cento del PIL. La spesa pubblica è aumentata a causa dell’aumento delle pensioni e degli stipendi dei dipendenti pubblici e di altre misure di sostegno alle fasce più deboli, compensate dall'aumento delle entrate fiscali, dovuto al buon andamento dell'economia nonostante il taglio delle tasse imposte per i contribuenti a basso reddito. Anche il deficit strutturale, l'indicatore che misura il deficit pubblico al netto dell'andamento del ciclo economico e delle misure una tantum, è sotto controllo stimato al 2,7 per cento del PIL nel 2018. Il rapporto Debito/PIL continua quindi a scendere gradualmente ogni anno: dal 100,4 per cento del 2014 si è passati al 97,1 per cento dello scorso anno e, secondo le previsioni, dovrebbe scendere al 96,3 per cento quest'anno, a testimonianza degli sforzi del governo socialista nel coniugare politiche sociali e rispetto dei vincoli di bilancio.
Tali dati testimoniano proprio come Madrid abbia qualcosa da insegnarci da un punto di vista di tenuta economica.
Buone notizie anche sul fronte della disoccupazione: dall’elevatissimo 22,1 per cento del 2015 si è passati al 15,3 per cento del 2018, cifra che dovrebbe scendere al 13,5 per cento quest'anno secondo le previsioni della Commissione Europea; attualmente, (primo trimestre 2019) i dati dell’INE mostrano un tasso di disoccupazione attorno al 14.7 per cento (Figura 4).
Bisogna sottolineare però che, nonostante i progressi su questo fronte, il tasso di disoccupazione in Spagna resta più alto della media europea: particolarmente elevato rimane inoltre il tasso di disoccupazione giovanile, il quale nella fascia di età 16-24 è stimato al 32,4 per cento, seppur in flessione rispetto al 35 per cento dello scorso anno come riportato da Eurostat (contro una media europea del 14,6 per cento e un dato italiano del 31,4 per cento).
Per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Esteri, secondo i dati dell’UNCTAD, la Spagna è passata da 18,6 miliardi di Euro ricevuti nel 2017 ai 38,7 miliardi del 2018, il che porta lo stock di investimenti esteri accumulato a 586,7 miliardi nel 2018. La maggior fiducia da parte degli investitori internazionali deriva dall’aumento della competitività che ha portato le multinazionali straniere a fatturare oltre 500 miliardi di Euro in Spagna, dando lavoro a 1,4 milioni di persone, ovvero il 14 per cento di tutti gli occupati. Gli investimenti spagnoli all'estero nel 2017 vengono invece stimati sui 36,6 miliardi di Euro, al decimo posto nella classifica globale: a tal proposito, la Spagna risulta essere seconda solo agli Stati Uniti per quanto riguarda gli IDE in America Latina (gli investimenti provenienti dalla Spagna si concentrano nel settore delle infrastrutture e in quello dei servizi); per quanto riguarda lo stock di investimenti spagnoli all'estero il valore si attesta attorno ai 531,8 miliardi di Euro.
Ottime notizie giungono infine anche dal settore turistico: nel 2018 gli arrivi di turisti dall'estero hanno sfiorato quota 83 milioni, con una crescita del 1,1 per cento rispetto al 2017 (solo nel mese di dicembre la Spagna ha ricevuto circa 4.4 milioni di turisti internazionali, con una crescita del 9.7 per cento su base annuale - vedi Figura 5).
Tutto bene, quindi? Fino ad un certo punto. Non si può trascurare la crisi catalana, che continua a rappresentare un elemento d'incertezza per l’intero Paese: la Catalogna, tra le più ricche ed industrializzate regioni dell’intera Europa meridionale, a causa delle recenti vicissitudini politiche è alle prese con un significativo rallentamento della propria crescita che preoccupa tanto Barcellona quanto Madrid. La ricerca di una soluzione che possa coniugare le richieste di maggiore autonomia regionale con la preservazione dell'unità del Paese appare dunque sempre più prioritaria per il governo spagnolo.
Tali elementi ci portano a parlare delle due recenti prove elettorali, le elezioni politiche del 28 aprile e quelle europee del 26 maggio
Queste ultime hanno in buona parte confermato i risultati della tornata elettorale precedente che aveva visto l'affermazione del Partito socialista spagnolo (PSOE) del premier Pedro Sánchez, tuttora impegnato nelle trattative per la formazione di un nuovo esecutivo (Figura 6 e Figura 7). Sull'onda lunga di quel successo, i socialisti hanno addirittura visto crescere i loro consensi dal 28,7 al 32,8 per cento Anche i conservatori del Partido Popular (PP), guidati da Pablo Casado, hanno migliorato, passando dall’umiliante 16,7 per cento di aprile al 20,1 per cento. Peggio è andata ai liberali di Ciudadanos, l'altra formazione di centro-destra, capeggiata da Albert Rivera, che non è riuscita a concludere l'auspicato sorpasso ai danni del Partito Popular e che ha inoltre visto fermare i suoi consensi ad un deludente 12,2 per cento, registrando un calo rispetto al 15,9 per cento delle politiche del mese precedente. Male anche Unidas Podemos, la coalizione della liste di sinistra che aveva come principali componenti Podemos e Izquierda Unida: la coalizione ha ottenuto il 10,1 per cento rispetto al 14,3 per cento delle politiche. Ottiene tre seggi ed entra per la prima volta nel parlamento europeo la formazione di estrema destra Vox, che ottiene però un risultato inferiore alle attese: il partito di Santiago Abascal scende infatti al 6,2 per cento rispetto al 10,3 per cento delle politiche di aprile.
L'analisi dei flussi di voto (Figura 8) tra le europee e le politiche indica un parziale ritorno di elettori da Vox verso il Partido Popular, in conseguenza della svolta a destra di quest’ultimo. La linea dura assunta a riguardo della questione catalana pare non aver pagato invece per i liberali di Ciudadanos, che hanno perso consenso nell'area di centro a favore del PSOE. L'estrema destra di Vox potrebbe invece aver patito lo scarso richiamo delle tematiche sovraniste in Spagna: nel Paese iberico, a differenza di altri paesi europei, l'opinione pubblica si mantiene in maggioranza favorevole all'Unione Europea (Figura 9).
Contestualmente alle elezioni europee si sono svolte in Spagna anche le elezioni amministrative per scegliere i presidenti di alcune delle Comunità Autonome e i sindaci di oltre ottomila comuni: sebbene la distribuzione dei voti sia stata abbastanza in linea con quella delle europee, il pessimo risultato di Unidas Podemos ha creato in molte circostanze una situazione in cui i tre partiti dell'area di destra (Ciudadanos, Partido Popular e Vox), coalizzandosi, sono in grado di ottenere la maggioranza e formare governi locali, come già avvenuto in Andalusia nel dicembre del 2018 quando PP e Ciudadanos formarono un governo con il supporto esterno di Vox. Ed è effettivamente quello che è poi successo nelle elezioni comunali di Madrid e Saragozza.
Il piano di Sanchez nel contesto dell’Unione Europea e I problemi interni
Grazie al buon risultato ottenuto alle europee, il contingente del PSOE è il più numeroso all'interno del gruppo del partito socialista europeo nell'Europarlamento: il premier Pedro Sánchez ha già mostrato di voler sfruttare questa situazione per accrescere il peso della Spagna all'interno delle istituzioni comunitarie, mostrando dunque un atteggiamento di discontinuità rispetto alla linea dei governi guidati da Mariano Rajoy. Sánchez pare intenzionato a cercare di scalzare l'Italia nel ruolo di principale interlocutore dell'asse franco-tedesco.
Tra le proposte che il premier socialista ha intenzione di sostenere ci sono misure volte a favorire la lotta al cambiamento climatico, l'istituzione di un fondo d'investimento europeo, il potenziamento dell'unione bancaria e la creazione di una forma embrionale di unione fiscale.
La maggiore attenzione di Pedro Sánchez alle vicende europee è legata alla necessità di trovare in Europa interlocutori disposti ad assecondare le sue idee in tema di promozione della crescita economica e di creazione di nuova occupazione, al fine di poter attuare il suo ambizioso programma di incremento dei diritti e dei servizi sociali in patria. Tutto questo sempre a patto che il leader socialista riesca a formare un governo, cosa che non gli è riuscita nei primi mesi successivi alle elezioni di aprile: le difficoltà infatti nascono dalla volontà di Pedro Sánchez di riproporre un governo di minoranza, un altro monocolore socialista. Nell'ordinamento spagnolo è infatti possibile ottenere l'investitura dal Parlamento semplicemente ottenendo più voti favorevoli che contrari e questo rende le astensioni tattiche degli altri partiti decisive per l'ottenimento dell'investitura.
Entro la fine di luglio Sánchez dovrà presentarsi alle camere: dal giorno della prima votazione partiranno i due mesi entro cui ottenere l'investitura, altrimenti scatterà lo scioglimento delle camere e si dovrà tornare alle urne.
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