William Ruto, il presidente del Kenya, ha voluto dare l'esempio. Si è presentato all'apertura del primo summit dell'Africa sui cambiamenti climatici, organizzato a Nairobi, a bordo di una piccola auto elettrica, rinunciando ai soliti convogli governativi. E dalle strade della capitale raccontano i reportage dalla capitale africana sono spariti anche autobus e furgoni mal mantenuti che eruttano fumo, inquinando non poco l'aria. Anche se a conti fatti il continente nero contribuisce in minima parte all'inquinamento globale sebben paghi un prezzo molto alto agli effetti del clima malato: l'anno scorso 110 milioni di persone, quasi due volte gli abitanti dell'Italia, hanno dovuto fare i conti con carestie e alluvioni. Lo ha confermato anche John Kerry, l'inviato americano per il clima, che ha detto:«Dei 20 paesi più colpiti dalla crisi climatica, 17 sono qui in Africa».
Gli obiettivi dell'Unione Africana
Il governo del presidente keniano e l'Unione africana sono determinati a esercitare una maggiore influenza globale e a ottenere molti più finanziamenti per la crescita verde del continente. «Per molto tempo abbiamo considerato il cambiamento climatico solo come un problema. Ci sono anche immense opportunità» ha detto Ruto, parlando di possibilità economiche multimiliardarie, di nuove strutture finanziarie, dell'enorme ricchezza mineraria dell'Africa e dell'ideale di prosperità condivisa.«Non siamo qui per catalogare le lamentele», ha detto rivolta alla platea dove è presente anche il numero uno delle Nazioni Unite Antonio Guterres.. Eppure c’è una certa frustrazione nel continente quando gli viene chiesto di svilupparsi in modi più puliti rispetto ai Paesi più ricchi del mondo – che da tempo producono la maggior parte delle emissioni sulla Terra – e di farlo mentre gran parte del sostegno promesso non è stato raggiunto.
«Questo è il nostro momento»
«Questo è il nostro momento» ha detto all'assemblea Mithika Mwenda della Pan african climate justice alliance, sostenendo che il flusso annuale di assistenza climatica al continente è un decimo o meno di ciò che è necessario e una "frazione" del budget di alcuni Paesi inquinanti. «Dobbiamo pretendere subito il pagamento dei 100 miliardi di dollari per il clima promessi ogni anno dai Paesi ricchi a quelli in via di sviluppo», gli ha fatto eco Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Nel 2020 sono stati concessi ai Paesi più poveri oltre 83 miliardi di dollari, con un aumento del 4% rispetto a dodici mesi prima ma ancora al di sotto dell’obiettivo fissato nel 2009. Ecco perché i Paesi leader del Continente africano insistono perché Stati Uniti in testa rispettino gli accordi presi a suo tempo.
Gli ambientalisti in corteo
Mentre gli oratori si alternavano nel centro congressi di Nairobi, raccontano gli inviati dell'agenzia Reuter, centinaia di persone si sono unite a una “marcia popolare” sul clima, inalberando cartelli che chiedevano di prendere di mira i combustibili fossili. "Fermare la corsa neocoloniale per il petrolio e il gas in Africa". Nel mirino il progetto dell'oleodotto per il greggio dell’Africa orientale, finanziato da TotalEnergies, lungo quasi 1500 che attraversa Uganda e Tanzania.«appiamo che le aziende produttrici di combustibili fossili ricevono molti sussidi, quindi sono necessari ulteriori sussidi per l'energia solare per aumentare in modo massiccio le fonti rinnovabili nel nosto Paese», ha insistito l'attivista ugandese Vanessa Nakate.
I conti delle Nazioni Unite
Secondo le stime delle Nazioni Unite, le perdite e i danni in Africa legati al climate change ammonteranno tra i 290 e i 440 miliardi di dollari nel periodo dal 2020 al 2030, a seconda del grado di riscaldamento. Dati che spiegano perché tra le sfide non più rinviabili del continente africano ci sia la capacità di prevedere e monitorare il tempo per evitare migliaia di morti e miliardi di dollari di danni. «Quando accadrà l'apocalisse, accadrà per tutti noi», ha avvertito Ruto.
© Riproduzione riservata