Nei ballottaggi il centrodestra ha sfiorato il cappotto, conquistando sei dei sette capoluoghi in cui si è votato una seconda volta per scegliere il sindaco. L’unico comune rimasto al centrosinistra è Vicenza dove il candidato Giacomo Possamai, che si è presentato alla guida di una coalizione tra Pd e Terzo Polo, si è imposto per 500 punti. Il centrodestra si è assicurato Brindisi (dopo 12 anni), Massa, Pisa, Siena, Terni e, soprattutto, Ancona. Il capoluogo delle Marche avrà un sindaco di centrodestra – Daniele Silvetti, ex consigliere regionale di Forza Italia – dopo 30 anni. Ed è forse la vittoria che più fa gongolare gli esponenti del centrodestra. Se al risultato dei ballottaggi si somma quello del primo turno – dove il centrodestra aveva conquistato 4 centri su 6 – il risultato finale è un 10 a 3 che lascia pochi spazi a dubbi sulla pesante sconfitta elettorale del centrosinistra. Che peraltro si è presentato a questa tornata elettorale come una sorta di Giano bifronte: in alcuni centri alleato al Terzo Polo, in altri ai 5 Stelle. Una mancanza di chiarezza che alla fine non è piaciuta agli elettori.
L'ironia di Salvini
E così Matteo Salvini, leader leghista e vicepremier, può ironizzare sull’effetto Schlein: “Ottimo”. E le cose non vanno meglio neanche nel primo turno delle amministrative in Sicilia e Sardegna (e proprio vero che in Italia gli esami elettorali non finiscono mai…). Il centrodestra si è già aggiudicata con largo margine la città più grande: Catania. Ha vinto al primo turno anche a Ragusa, si andrà al ballottaggio, invece, a Siracusa. Il centrosinistra ha conquistato Trapani.
Similitudini con la Spagna
Insomma, un vento favorevole sembra soffiare in direzione della destra in Italia come in Spagna, dove la batosta alle amministrative ha convinto il premier Pedro Sanchez a optare per le elezioni politiche anticipate il 23 luglio. Una scelta dettata forse dall’intento di tamponare l’exploit di popolari e Vox che hanno vinto le elezioni comunali a Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia.
Pd, il ribaltone mancato
Ma tornando all’esito delle amministrative italiane è chiaro che la sconfitta richiederà una profonda analisi da parte della segreteria Schlein che è pur vero è stata eletta quando buona parte dei giochi (e delle alleanze) erano decisi, ma nulla ha tentato in chiave ballottaggi. Soprattutto pesa un altro particolare, come sottolineava sul Foglio Sergio Soave: «Il turno di ballottaggio delle elezioni municipali dovrebbe essere una passeggiata per il Pd che nelle precedenti elezioni ha sempre prevalso in questo tipo di confronto». E, invece, no. Stavolta il ribaltone non è riuscito ed è chiaro che il peso della sconfitta – pesante, va sottolineato ancora – debba in qualche modo chiamare in causa la segretaria. Che peraltro secondo gli ultimi sondaggi – vedasi quello del Corriere della Sera di pochi giorni fa – risulta in calo dopo aver sfruttato l’effetto dell’elezione a sorpresa per recuperare posizioni nei mesi precedenti. E la sua linea resta molto fumosa, soprattutto in campo economico, come ha anche dimostrato il suo intervento al Festival di Trento. Sulla sconfitta ai balottaggi ha commentato. «È evidente che da soli non si vince. C'è da ricostruire un campo alternativo, che credibilmente contenda alla destra la vittoria. Ma la responsabilità di costruire questo campo non riguarda solo il Pd». Non va meglio ai 5 Stelle, in calo ancora più netto.
La premier e l'alleanza europea
Alla fine, l’unica a guadagnare da questa situazione sembra essere la premier Meloni che è tornata a crescere e commenta la vittoria nelle amministrative come «conferma di radicamento e forza. Un riconoscimento anche del buon lavoro del governo». Poi si dovrà maneggiare questi risultati con molta cura, soprattutto nel tentativo di proiettarli in chiave europea. Perché ormai i partiti sono già tutti orientati verso le elezioni per il Parlamento europeo che si terranno tra un anno come adesso e che rappresentano la vera occasione per misurare la forza dei singoli partiti grazie al sistema proporzionale. Ma di sicuro la segretaria del Pd scelta dal popolo dei gazebo dovrà fare un po’ di chiarezza su dove voglia andare. Per ora ha convocato una segreteria per analizzare la sconfitta nelle amministrative.
Nel frattempo Fratelli d’Italia ha smentito alcune indiscrezioni giornalistiche secondo le quali i popolari europei avrebbero chiesto loro di togliere la fiamma dal simbolo del partito in vista di una futura alleanza a Bruxelles tra conservatori, liberali e popolari che mandi in soffitta anni di governi europei tra popolari e socialisti, compresa la maggioranza su cui si regge tuttora la commissione guidata da Ursula von der Leyen. Ma Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione del partito, ha già precisato: la fiamma non si tocca. Ma non per questo sfumerà la trattativa per dare un colore diverso al governo europeo.
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