La pasta scotta. Ma la cottura non c’entra. Scotta perché è sempre più cara. Il primato spetta ad Ancona, la città d’Italia dove costa di più. Per un chilo bisogna sborsare in media 2,44 euro. Ma Modena (2,41), Cagliari (2,40) e Bologna (2,39) seguono a ruota. E Genova è subito dietro: 2,38. E’ quanto accertato da un dossier di Assoutenti che nel sottolineare come il prezzo sia cresciuto in modo disomogeneo da Nord a Sud, offre un altro dato sulla pasta che scotta: soltanto in 12 province su 107 per una confezione di spaghetti o fusilli o rigatoni si spende meno di due euro. Il prezzo medio è di 2,3 euro al chilo, con un incremento medio del 25 per cento. Ma in Toscana si è sfiorato il 60 per cento: a Siena in dodici mesi si è passati da 1,37 a 2,17 euro (+58 per cento).
Lollobrigida: un prezzo unico nazionale
E così il governo ha deciso di far intervenire il garante (Benedetto Mineo) e la Commissione di allerta rapida sui prezzi. Forse ci sarebbe da discutere sulla rapidità visto che è da un anno che la pagnotta lievita nel costo. In ogni caso giovedì 11 maggio tutti convocati da Mister Prezzi: compresi i pastai e le associazioni dei consumatori. La pasta che scotta è diventato un caso da question time. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha detto che ogni settimana monitora le quotazioni del grano contro la speculazione che «è la prima cosa da contrastare». E ha aggiunto: «Il nostro intento è riattivare quanto prima la Commissione sperimentale nazionale per il grano duro, non escludendo di procedere alla costituzione di una Commissione unica nazionale, per rafforzare il dialogo tra gli attori della filiera e per la formazione di un prezzo condiviso a livello nazionale».Vedremo. Nel frattempo tocca a Mister Prezzi provare a sbrigare la matassa anche se c’è più di una perplessità. «Attendiamo fatti. Urge una riduzione dei prezzi. Temiamo, viste le denunce ripetute, che la moral suasion serva molto a poco. Fino a che la speculazione non sarà definita come pratica scorretta, si avranno sempre le armi spuntate contro i prezzi troppo alti, salvo vi siano prove di abusi di posizioni dominanti o di intese restrittive della concorrenza» dice il presidente dell'Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona.
Coldiretti: il grano pagato il 30% in meno
Che qualcosa non torni lo sottolinea anche Coldiretti: «Un'anomalia su cui è bene fare chiarezza. Il grano duro per la pasta viene pagato in Italia circa 36 centesimi al chilo ad un valore che non copre i costi di produzione ed è inferiore di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre il prezzo è aumentato circa il doppio dell'inflazione. Eppure la pasta è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano duro con l'aggiunta della sola acqua è non trovano alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni».
Una distorsione che appare chiara anche dall'andamento ufficiale dei prezzi medi al consumo che, secondo l'Osservatorio del ministero del Made in Italy variano per un chilo di pasta dai 2,3 euro di Milano ai 2,2 euro di Roma, dai 1,85 di Napoli ai 1,49 euro di Palermo; questo mentre le quotazioni del grano sono uniformi lungo tutta la Penisola a 38 centesimi al chilo. Proverà a far chiarezza Riccardo Felicetti presidente dei pastai di Unione italiana food e titolare dell’omonimo pastificio ai piedi delle Dolomiti: «Siamo sempre stati dalla parte dei consumatori e continueremo a farlo. Il grano - osserva - ha prezzi troppo fluttuanti e non è l'industria della pasta a determinare il prezzo del grano duro, a farlo è il mercato globale con meccanismi e quotazioni internazionali. A ciò si aggiunga il costo della trasformazione in semola, quello energetico, del packaging, della logistica e dei vari passaggi della filiera». C'è di più: «La pasta oggi a scaffale è stata prodotta mesi fa con grano duro acquistato alle quotazioni del periodo ancora precedente e con i costi energetici del picco di crisi. Ciò premesso, ben vengano le verifiche: i pastai sono aperti al confronto e pronti a fare chiarezza».
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