Per la montagna «è necessario un vero gioco di squadra». Piero Gros, protagonista della mitica Valanga Azzurra, vincitore della Coppa del Mondo e della Coppa del Mondo di slalom gigante nel 1974, oro olimpico, e poi commentatore televisivo, sindaco di Sauze d'Oulx (Torino) dal 1985 al 1990, imprenditore turistico, risponde così a chi lancia allarmi sul futuro dell'economia della montagna soprattutto a causa dei cambiamenti climatici in atto.
«Calcolando che ormai sono 60 anni che bazzico nella neve - osserva - devo dire che anche 50 anni fa c'erano stagioni con poche precipitazioni. Mi ricordo quando negli anni '70 andavo in America a fare le gare e ci parlavano della neve artificiale, ci sembrava una cosa fuori dal mondo, Quando poi nel 1985 ho fatto il sindaco a Sauze, tra le prime cose che ho voluto, c'è stato l'impianto di innevamento artificiale e si è rivelata una delle decisioni più furbe che ho preso. In montagna si va anche se non si scia ma l'economia della montagna sta in piedi all'80% perchè la gente va a sciare».
«L'innevamento artificiale - aggiunge Piero Gros - ha sicuramente cambiato le prospettive e senza la sua introduzione, forse, anche noi grandi stazioni avremmo fatto la fine di molte piccole, ossia avremmo chiuso. Lo Stato deve capire che chiudere una stazione, come è successo, ad esempio, a Beaulard, perchè il costo degli impianti era troppo alto, comporta un danno economico pazzesco dal punto di vista occupazionale. Non si può far morire un'economia, eliminare posti di lavoro, perchè non c'è la neve o perchè bisogna farla e costa».
Il problema però ora solo le alte temperature, che spesso rendono un costo eccessivo ed inutile la neve artificiale. «Da sempre abbiamo avuto nevicate a novembre e poi vento caldo che portava via tutto, alcuni anni di più ed altri di meno. Ci sono stati momenti negli anni '70 in cui non abbiamo aperto gli impianti perchè non nevicava. L'innevamento artificiale ha permesso alla montagna di sopravvivere. A Madonna di Campiglio ci sono 600 cannoni, che sparano nello stesso momento ed in una settimana creano un innevamento perfetto. In Via Lattea no. Perchè a Kitzbuhel hanno fatto un bacino in cima alla montagna, e sono a 800 metri, e noi non possiamo fare i bacini perchè inquinano e rovinano? Bisogna decidere dove si vuole andare a parare. Noi siamo 12mila residenti nell'Alta Valle, che viviamo grazie alla neve. C'è un importante giro d'affari, c'è un patrimonio immobiliare pazzesco. Se vogliamo fare morire tutto questo, non investiamo più nella neve, non facciamo più neve artificiale e lasciamo che finisca tutto».
Ma non sarebbe meglio cominciare a pensare a delle possibili alternative allo sci se le condizioni non lo consentono? La risposta di Piero Gros è netta: «Le alternative allo sci ci sono già. Non è che in montagna vengono tutti per sciare. Dal momento che lo sci è costoso, la gente viene in montagna anche per camminare, per “ciaspolare”, per stare all'aria aperta. Basta guardare i numeri: la Via Lattea ha 23mila appartamenti, se calcoliamo una media di 3 persone ciascuno, vuol dire oltre 60mila persone. Se si guarda il numero dei giornalieri che si vendono, si capirà quante persone vengono a sciare e quante no. Certo - aggiunge - bisogna spingere sulle attività alternative ma su questo siamo indietro anni luce rispetto ad altre stazioni internazionali. L'importante è avere le idee chiare e i punti fermi: dobbiamo salvaguardare l'ambiente certamente, ma questo non vuol dire non realizzare bacini per la neve artificiale».
In questa situazione è necessario un intervento dello Stato per aiutare la montagna? «Certamente lo Stato ci deve mettere del suo, anche perchè se guadagna grazie alle attività, all'indotto che la montagna crea, deve investire sulla montagna. Come mai in Alto Adige si investe tanto su questo settore ed in Piemonte no? Noi operatori dovremmo fare squadra su questo concetto: quanta economia produciamo, quanti posti di lavoro? Noi possiamo contare ed essere interlocutori dal punto di vista economico se facciamo sistema ma purtroppo non siamo capaci. Fare sistema vuol dire investire, vuol dire attrarre investimenti. Se non avessimo avuto le Olimpiadi saremmo ancora quasi all'anno zero per quanto riguarda gli impianti».
Un discorso che deve riguardare l'intera economia della montagna. «Vanno aiutate le società degli impianti - osserva Piero Gros - perchè sono il volano di questa economia ma lo sono anche i posti letto, gli alberghi, i bar, i maestri di sci. Se noi incrociamo le braccia e chiudiamo le nostre attività, la società degli impianti è morta».
«La situazione certamente non è facile - incalza Gros - i costi dell'elettricità e del gas si fanno sentire pesantemente. Avanti così non possiamo andare. Serve un intervento da parte del Governo ma è necessario che il sistema montagna affronti unito queste problematiche. La montagna produce il 3 e mezzo del Pil e metà del territorio italiano è montano. Abbiamo un potenziale enorme ma dobbiamo imparare ad agire insieme».
In particolare, il messaggio è rivolto agli operatori della Val di Susa: «Qui ognuno promuove sé stesso. Noi siamo la Val Susa, esattamente come la Val Gardena o la Val Badia, eppure si è mai visto un cartello che dice "Benvenuti in Val di Susa"? Non siamo neanche capaci di mettere un cartello. Bisogna mettersi attorno ad un tavolo, capire cosa è necessario, affrontare le problematiche, come quelle legate ai cambiamenti climatici che via via si pongono. Essere interlocutore unico nei confronti del pubblico, delle Regioni e del Governo. Bisogna smetterla di cercare di portare a casa poche briciole per i propri territori. Impariamo a pensare più in grande. Servono fondi, progetti e progettazioni. Nessuno - conclude - deve essere chiaro, può farcela da solo».
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