Le previsioni mostrano che gli Stati Uniti, grazie allo Shale Gas, saranno autosufficienti energeticamente nel 2030

Il gas da scisto (o da bitumi argillosi) è un gas naturale la cui modalità di estrazione sui generis ha contribuito alla denominazione di gas non tradizionalmente estratto.

La nuova tecnica è nota come fratturazione idraulica, ed un video può risultare maggiormente utile ed intuitivo; le problematiche ambientali (complesse e dibattute) relative all'operazione d'estrazione in sè e per sè esulano dallo scopo di questo articolo, tuttavia risulta essere nondimeno importante riassumerle brevemente.

Le preoccupazioni connesse con le operazioni di fratturazione idraulica sono principalmente quattro: inquinamento delle falde acquifere, impatto ambientale-paesaggistico (per esempio, le municipalità di New York e Los Angeles negli Stati Uniti non hanno concesso i permessi per il fracking), effetto serra, rischio di indurre eventi sismici.

Commissioni di inchiesta sono al lavoro negli USA per accertare tale effetto e anche in Italia si è sospettato che le operazioni di ispezione del sottosuolo avvenute tramite fracking nella pianura padana fossero connesse con il recente terremoto in Emilia Romagna; tuttavia ulteriori studi, per conto di centri privati e del Ministero dell'Ambiente, hanno escluso tale possibilità.

Particolarmente dibattuto è il tema dell'ingente quantità di acqua utilizzata che, allo stato attuale dell'innovazione, è possibile recuperare solo nella misura del 50-60%; la restante parte, in cui sono disciolti agenti chimici e residui di metano liberati dal processo estrattivo, rimane nel sottusuolo con la concreta possibilità di infiltrazioni nelle falde acquifere, fino al rubinetto delle popolazioni limitrofe (vedi Report di Rai3 del 12/05/2014 e il documentario "Gas Land" di John Fox).
Il numero di casi è comunque limitato e si auspica che con il progresso della tecnica di fracking, questi problemi possano venir superati.

E' fondamentale notare che, allo stato attuale (tecnologia disponibile e alti costi delle energie rinnovabili), senza esternalità negative non potrebbe esserci sviluppo, occupazione e possibilità di creazione di nuovi mercati che nella specificità dello shale gas significa poter disporre ad esempio di energia elettrica a basso costo per l'industria.

Lo shale gas ha conosciuto un enorme successo negli Stati Uniti divenendo in breve tempo un'importante fonte di gas naturale.
La velocità con cui questo fenomeno ha acquisito importanza viene sottolineata da un dato: nel 2000 la porzione produttiva di shale gas raggiungeva solo l'1% della produzione totale statunitense di gas naturale, dieci anni dopo era divenuta il 20%, un numero supportato da stime crescenti che si attestano a livelli del 45-46% per il 2035 (EIA - Energy Information Administration), quando quasi la metà dell'offerta di natural gas proverrà dal comparto shale.

Alcuni elaborazioni fornite dall' EIA possono offrire un quadro d'insieme del fenomeno messo a confronto con i giacimenti di gas tradizionalmente estratto (Figura 1).
La "rivoluzione grigia" (assumendo il grigio come colore che meglio approssima lo "shale gas") iniziò sottovoce alla fine degli anni '80 con le sperimentazioni di un petroliere indipendente. Fautore dell'innovazione fu l'ingegnere George P. Mitchell, considerato il padre di tale tipologia di estrazione, avendo reso economicamente sostenibile il processo mediante una riduzione significativa degli alti costi che rendevano inizialmente anti-economica la trivellazione. Egli innovò, in quanto ebbe l'intuizione di utilizzare congiuntamente due tecnologie già esistenti, la perforazione orizzontale e la fratturazione idraulica; il successo della sperimentazione si concretizzò in Texas nel giacimento Barnett (2000).

E' importante menzionare il carattere silenzioso della "rivoluzione" (Figura 2), che non destò l'attenzione di nessun operatore: né le grandi società petrolifere, che per quasi un decennio avrebbero considerato lo shale (Figura 3) una «bolla temporanea», né gli ambientalisti, allora impegnati a combattere su altri fronti e nemmeno il governo allora guidato da George Bush.
Siamo nel 1998, quando la compagnia di Mitchell compie la prima fratturazione idraulica di successo (senza incorrere in un aumento esponenziale dei costi com'era avvenuto in passato); così, data la fattibilità, molte altre nazioni si attivarono al fine di investigare la presenza di giacimenti shale nel proprio sottosuolo.

Le idiosincrasie tra le nazioni hanno giocato un ruolo importante, insieme a ragioni politiche ed ideologiche, ed hanno portato a risultati spesso contrastanti riguardo alla volontà di attrezzarsi per adottare la nuova tecnologia.
In Europa, ad esempio, Ucraina e Polonia in particolare stanno competendo aggressivamente per investire in shale, mentre Francia, Olanda e Bulgaria hanno stabilito una moratoria in materia e altre nazioni, come Germania e Regno Unito continuano a dibattere (Figura 4).

Negli Stati Uniti la domanda di gas è guidata dal segmento elettrico. La possibilità per l'industria di vedersi garantite forniture di gas a bassi prezzi, comparati con quelli europei ed asiatici, ha fornito un grande incentivo per appoggiare la campagna pro-shale gas promossa dal presidente Obama.
Inoltre il prosieguo della sperimentazione ha fatto emergere un secondo beneficio: lo shale oil; infatti, durante le operazione di fracking volte all'estrazione di gas, ci si è resi conto che sarebbe stato possibile aggiornare la tecnologia rendendola utilizzabile anche per l'estrazione di un particolare tipo di petrolio ricavato dalle medesime rocce, appunto lo shale oil, aprendo la strada a notevoli economie di scopo nel settore, cui si sono aggiunti benefici crescenti accompagnati a rendimenti di scala.
Una differenza rilevante rispetto alla perforazione tradizionale risiede nella necessità di continue trivellazioni (per mantenere l'efficienza economica dei pozzi) a causa nella minor resa dei sedimenti, soggetti a una veloce usura

A quale prezzo vendere lo shale gas?

L'intensa diatriba statunitense tra settore manifatturiero (Dow Chemical) e industria petrolifera-energetica (Exxon Mobil) sembra essersi concretizzata in alcune novità governative; i primi vogliono continuare a vedersi fornita energia a basso costo, opponendosi fermemente alla possibilità di esportare la materia prima shale gas/shale oil oltreoceano, che sarebbe venduto a prezzi almeno pari al prezzo del metano in Asia, mentre la lobby del petrolio continua ad esercitare pressione per vedersi riconosciuta tale opportunità; inoltre un ulteriore aggiustamento di prezzo verso l'alto verrebbe assicurato dalla domanda latente di Europa e Cina.
E' recente la scelta del Congresso di acconsentire all'esportazione di quote crescenti di shale gas, seppur escludendo il trasporto via nave.

Quali benefici sul mercato del lavoro?

In termini di nuovi posti di lavoro creati, l'evidenza sembra chiara: "l'occupazione diretta nel settore Oil&Gas negli Stati Uniti è più che raddoppiata, passando da circa 240 mila addetti nel 2003 alle quasi 600 mila unità nel 2011. Considerando anche l'indotto, alcuni analisti prevedono fino a tre milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi anni " (Giuseppe Recchi, presidente ENI).

Tuttavia alcuni osservatori sostengono che in realtà l'impatto totale sulla creazione di nuovi posti di lavoro a seguito delle sperimentazioni shale sarebbe molto ridotto: infatti ad ogni nuovo addetto assunto nel settore legato al gas in Texas, Lousiana e Pennsylvania corrisponderebbe un posto di lavoro venuto meno nel settore legato al carbone; sempre secondo tale concezione, il boom nello shale gas ha ostacolato la crescita dei posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili.
In contrasto con quanto appena citato, questo articolo guarda con favore allo shale gas (che ha emissioni ridotte rispetto il carbone), come transizione verso le energie rinnovabili ad emissioni zero, che allo stato della ricerca attuale, soffrono ancora di costi molto alti che non le rendono applicabili ad ampio raggio.

Quali le conseguenze a livello politico-economico?

Indubbie sono le conseguenza geo-politiche delle scelte in materia di shale gas, che potranno portare ad un mutamento degli equilibri tra paesi esportatori ed importatori. Anzitutto il basso costo dell'energia fornita dall' utilizzo dello shale gas in USA implica una riduzione della domanda di petrolio (in particolare petrolio medio-orientale), la cui diminuzione di prezzo implica guadagni ridotti per i Paesi OPEC, con conseguente riduzione degli investimenti sui mercati finanziari e dei finanziamenti alle imprese americane; la riduzione di tali entrate finanziarie potrebbe avere conseguenze importanti in termini di bilancia dei pagamenti per gli Stati Uniti, che però sono sulla via del raggiungimento dell'autosufficienza energetica per il gas naturale, con miglioramenti in termini di bilancia commerciale che andrebbero a mitigare il minor afflusso finanziario dall'estero.

Perciò, grazie allo shale gas gli Stati Uniti sostituiscono l'uso industriale del carbone, che possono così esportare in Europa, che a sua volta va a rimpiazzare il costoso gas liquefatto importato dalla Russia; il gas russo, infine, viene acquistato dal continente asiatico, in particolare dalla "fabbrica del mondo" cinese: è recente l'accordo pluriennale tra Putin e Xi Jinping a seguito delle tensioni ucraine.

Inoltre la generale diminuzione del prezzo dei combustibili seguita alla rivoluzione shale ha implicato diversi effetti macroeconomici positivi in termini di aumento del PIL medio pro capite mondiale e di potere d'acquisto dei consumatori, come evidenziato da un modello econometrico (NiGEM) proposto dal National Institute of Economic and social Research.

USA diventeranno esportatori netti di gas

Siamo cresciuti in un mondo in cui il petrolio era l'idrocarburo chiave ed il cartello OPEC deteneva il ruolo di maggior fornitore mondiale.
Le previsioni per il 2030 indicano che la Cina diventerà con grande probabilità il maggior importatore mondiale di petrolio (80% importato), gas naturale (40% importato) e carbone. L'Europa rimarrà un grande importatore di combustibili fossili, mentre la situzione statunitense sta cambiando radicalmente, soprattutto grazie al contributo offerto dallo shale gas.
Le previsioni mostrano che gli Stati Uniti saranno autosufficienti energeticamente nel 2030; essi sono attualmente un esportatore netto di carbone, ed il 2035 è indicato come l'anno in cui diventeranno esportatori netti di gas naturale (Figura 5).

Perchè negli Stati Uniti?

L'esistenza di ingenti depositi di shale nel sottosuolo americano rappresenta condizione necessaria ma non sufficiente all' epifania della "rivoluzione grigia" dato che depositi di simile capacità sono presenti anche in altre nazioni.
Un'intera decade caratterizzata da prezzi crescenti sia per il petrolio che per il gas, ha dato avvio al processo concorrenziale che si è concretizzato in innovazione; il ben noto "processo schumpeteriano" si sviluppa partendo da condizioni di mercato: gli alti prezzi incentivano la concorrenza che a sua volta innesca l'innovazione.
L'innovatore di base è il giocatore che muove per primo, ma una schiera di innovatori followers si affrettano nel copiare il primo cercando di migliorare la nuova tecnologia in termini di efficienza.
Se ci fermassimo qui, racconteremmo solo metà della storia, infatti l' imprenditore schumpeteriano parte da una situazione di equilibrio, distrutta proprio dalla sua idea folgorante ("innovazione di base") che apre le porte ad un periodo caratterizzato da uno shock positivo in termini innovativi che porta al raggiungimento di un nuovo trend, posto ad un più alto livello di innovazione tecnologica.

Esattamente a questo punto, di disequilibrio, entra in scena un nuovo attore, l'imprenditore kirzneriano, abbastanza sensibile ed attento (il termine inglese è "alert") da individuare opportunità di latente domanda insoddisfatta, che egli cerca di colmare atttraverso la sua idea luminosa, che si concretizza tramite un insieme di "innovazioni incrementali", che sostengono e promuovono lo shock tecnologico prodotto dalla prima tipologia di imprenditore.

La rivoluzione shale in atto negli Stati Uniti è scaturita da un adattamento del processo appena descritto, e riducendo ai minimi termini le motivazioni riguardo il perchè sia avvenuta in USA piuttosto che in altri Paesi, è necessario fare un ulteriore passo avanti.
Infatti la qualità delle istituzioni, la loro affidabilità ed una struttura di mercati finanziari efficienti capaci di fornire i fondi necessari al fine di rendere effettive le nuove idee imprenditoriali, sono caratteristiche essenziali per rendere un Paese fertile ed attraente per nuovi investimenti, scatenando così "rivoluzioni economiche silenziose".

Inoltre, come evidenziato da uno dei massimi esperti del settore, Leonardo Maugeri (ex top-manager Eni), la frantumazione idraulica ha bisogno di aree molto ampie bassamente popolate perchè la trivellazione si sviluppa orizzontalmente per diversi chilometri; si aggiunga a ciò il modo intensivo di produzione (più di 2000 nuovi pozzi in USA dal 2013), indicatori questi che puntano verso una difficile, se non impossibile (almeno allo stato attuale), replicabilità della magnitudo della rivoluzione shale in altre aree del pianeta.

Pertanto, nessun altro Paese è attualmente in grado di mantenere un passo simile sotto il profilo geologico, tecnologico e non ultimo legislativo.