Prendete una carta dell’Italia, evidenziate con un colore qualsiasi Piemonte, Lombardia e Veneto: in un batter d’occhio avrete la fotografia dell’Italia senza sportelli bancari. E’ grande così la desertificazione. Lo ha accertato, con un lavoro paziente, l’Osservatorio della Fondazione Fiba-First Cisl. Che ha tradotto l’evidenza in una serie di numeri. Agghiaccianti. Più di un quarto dei comuni italiani – 2.227 su 7.901 per la precisione – non ha una banca. Sono 4 milioni e 300 mila gli abitanti esclusi da un servizio fondamentale. Oltre la metà ha perso questo diritto negli ultimi anni. E le imprese che operano in questo contesto infelice sono quasi 250 mila (negli ultimi dodici mesi sono aumentate di 23mila unità). A conferma di uno stillicidio senza fine.
Val Varaita, l'ultima protesta
E nell’indifferenza per le proteste e le mobilitazioni delle comunità locali. L’ultima è andata in scena a Venasca, nel Cuneese, all’imbocco della valle Varaita, a un passo dalla Francia del parco naturale del Queyras. Accanto al sindaco e agli abitanti sono scesi in piazza i vertici dell’Uncem, l’associazione dei comuni e degli enti montani, che da tempo si batte contro l’impoverimento delle valli. Contro la chiusura di servizi. Che sia una banca o una farmacia, una scuola o un ufficio postale. Anche uno sportello Bancomat. Perché un servizio che sparisce rende tutto più difficile. Dice Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte, una delle regioni che paga il prezzo più alto ai tagli delle banche: «I sindaci della valle Varaita indossavano tutti la fascia tricolore per rappresentare un’istituzione contro una banca che vuole chiudere. Un modo per insistere sui diritti di cittadinanza. Dunque sulla Costituzione. La Valle Varaita è unita nel dire che Unicredit non deve andarsene. Sbaglia. Sono poteri che si arroccano nei quartieri generali di qualche grattacielo, alle spalle dei territori, della gente, delle imprese. Alziamo il livello della protesta e della mobilitazione».
E Marco Bussone, presidente nazionale dell’Uncem, rincara la dose: «C'è un'altra economia possibile, un altro modo di organizzare il risparmio dei cittadini. Il parlamento e il governo intervengano per mettere un argine alla spoliazione di servizi fatta dalle banche. Lo chiedono i cittadini, i sindacati, le imprese. Con i sindaci alziamo la voce, siamo arrabbiati e chiediamo ad Abi, Banca d'Italia, Consob di intervenire, di fermare queste chiusure che sono un affronto e un attacco al territorio, alla montagna, alla gente che ci vive e ci lavora. I diritti di cittadinanza sono diritti di tutti».
Cura dimagrante, gli effetti
Parole sacrosante, ma che rischiano di perdersi in un silenzio assordante. Fiba-First Cisl ha studiato com’è cambiato il pianeta del credito negli ultimi trent’anni. Nel 1993 le banche in Italia erano più di mille. Oggi, sotto la spinta di fusioni e accorpamenti, si sono più che dimezzate: 443. Restiamo davanti alla Francia (394) ma dietro la Polonia (573) e l’Austria (443). La Germania è a una distanza siderale: 1.381 banche. Il taglio degli sportelli è stato una conseguenza diretta della cura dimagrante. Con qualche distinguo, come sottolinea Riccardo Colombani, segretario generale di First Cisl: «I dati dimostrano che la desertificazione ha colpito le province in modo difforme. All’interno delle stesse regioni ci sono differenze marcate, mentre le grandi città, contrariamente alle attese, restano tutte fuori dalle prime posizioni, tanto che è più facile trovare uno sportello a Barletta o Grosseto che a Milano o Roma».
Le sette sorelle virtuose
E stavolta il Sud si svela più resistente. Tra le sette province premiate dalla ricerca della Fiba come le più virtuose tre sono meridionali: Barletta-Andria-Trani, Brindisi e Ragusa. Le altre quattro sono divise tra Toscana (Grosseto e Pisa) ed Emilia Romagna (Ravenna e Reggio Emilia). Al fondo, cioè tra le province che pagano il prezzo più alto alla rivoluzione bancaria degli ultimi trent’anni ci sono Vibo Valentia e Isernia, con Campobasso e Cosenza a stretto giro di ruota. Ma in questa graduatoria di maglie nere ci sono due province del Piemonte – il Verbano Cusio Ossola e Alessandria – e la Valle d’Aosta. Insomma, il Nord Ovest del Paese. Fenomeno che non rallenta. Anzi. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati chiusi altri 593 sportelli. E cresce il numero dei comuni che hanno una sola banca che, soprattutto per chi gestisce un’impresa, non è il massimo: dov’è la concorrenza? Sono quasi duemila in tutto (1906 per l’esattezza) e mettono insieme sei milioni di abitanti. E quasi 400 mila imprese.
Conclude Colombani: «La concentrazione del sistema soprattutto dopo la crisi Lehman Brothers era mirata ad assicurare stabilità, ma ha avuto l’effetto di indebolire il legame tra banche e territori. Questo legame va invece rafforzato attraverso incentivi. C'è in gioco anche la coesione sociale. Non vanno dimenticati due fattori: che gli anziani, che sono sempre di più, usano poco i canali digitali e che cresce il rischio di escludere da un servizio essenziale sempre più aree del Paese».
© Riproduzione riservata