Il turismo medico-sanitario è in forte crescita in tutto il mondo, anche grazie alla congiuntura economica sfavorevole
L'incontro fra due delle principali conseguenze della globalizzazione, ossia la sempre maggior propensione delle persone a viaggiare all'estero e la disponibilità di servizi in ogni angolo del pianeta, sta dando vita ad un nuovo settore economico: il turismo medico-sanitario, moderna e meno romantica versione degli antichi soggiorni termali e ambiguo connubio tra medicina e commercio.
Come si può intuire, il settore include una vasta gamma di prestazioni, dalle cure vere e proprie alla chirurgia e ai trapianti, dai trattamenti estetici a quelli per il benessere psico-fisico, fino alle cure per la fertilità, il cambio di sesso, la procreazione assistita o addirittura il suicidio assistito.
I principali fattori che determinano la mobilità internazionale sono in primis i prezzi più competitivi e la miglior qualità del servizio (Figura 1), comprese la maggior disponibilità e la tempestività della terapia richiesta, ma pesano anche la correlazione con gli spostamenti turistici, la prossimità geografica, la riservatezza e gli accordi stabiliti a livello internazionale e assicurativo.
D'altra parte i lunghi viaggi possono anche essere un ostacolo per chi affronta operazioni particolarmente invasive, e allo stesso tempo rivolgersi all'estero può comportare carenze di informazione, incertezza di garanzie qualitative, ostacoli linguistici e culturali e difficoltà burocratiche.
Le mete più ricercate sono generalmente quelle più competitive a livello di prezzi, in particolare Thailandia, Singapore, India e Taiwan in Asia, Brasile, Bolivia e Costa Rica in Sud America, Tunisia e Marocco in Africa, Ungheria, Serbia, Polonia, Repubblica Ceca e Turchia nell'Europa orientale.
Secondo uno studio della Deloitte (Figura 2), già nel 2012 il mercato del medical tourism ha mosso circa cento miliardi di dollari nel mondo e tra il 2010 e il 2012 oltre 6 milioni di americani si sono recati all'estero per sottoporsi a cure mediche, risparmiando fino all'85% rispetto alle tariffe praticate in patria (Figura 3). Le statistiche sul fenomeno sono però ancora lacunose, sia per il suo recente boom, sia per la ritrosia a fornire informazioni da parte dei soggetti coinvolti.
In Europa la situazione è stata recentemente regolamentata e coordinata con l'entrata in vigore, il 25 ottobre scorso, della Direttiva Comunitaria sulla Sanità transfrontaliera, in base alla quale il paziente potrà scegliere di sottoporsi a visite o interventi in qualsiasi Stato dell'Unione, usufruendo del rimborso per le prestazioni, dell'accesso alle informazioni sulle cure disponibili in altri Stati membri, di medici specializzati e di prescrizioni riconosciute ovunque.
La direttiva non dà diritto al rimborso della prestazione in un altro Paese, qualora questa non sia compresa tra quelle rimborsabili nello Stato di appartenenza della persona assicurata. Le cure sanitarie all'estero, in ogni caso, sono rimborsate per una cifra equivalente a quella che sarebbe concessa in patria.
E' dunque importante per il turista-paziente accertarsi preventivamente degli onorari che dovrà sostenere, per evitare spiacevoli sorprese finanziarie, ricordando che il pagamento dev'essere anticipato di tasca propria e che il rimborso sarà successivo. Fanno eccezione le terapie non disponibili nel proprio Paese, che sono gratuite previa autorizzazione.
Il rapporto Euro Health Consumer 2012 prodotto dalla società svedese Health Consumer Powerhouse evidenzia in effetti le differenze di qualità dei vari sistemi sanitari europei (Figura 4): l'Olanda è il paese leader, seguito da Danimarca e Islanda. Francia e Germania ottengono un punteggio decisamente più basso, mentre l'Italia è solo ventunesima su trentaquattro nazioni…
La crisi, i lunghi tempi di attesa e la qualità non sempre ineccepibile del nostro servizio sanitario stanno spingendo anche gli italiani a cercare all'estero cure dentistiche, trattamenti chirurgici, interventi di plastica facciale o, con sempre maggiore frequenza, per sottoporsi a trattamenti di procreazione assistita. Se nel 2009 gli italiani che si recavano in altri paesi per praticare questo tipo di turismo erano circa 20.000, si calcola che nel 2012 siano stati ben 184.000.
Nel nostro paese (Figura 5) il settore ha fatturato nel 2012 2 miliardi e 175 milioni, mentre le spese "in uscita" degli italiani sono arrivate a 537 milioni 280 mila euro, ma il fenomeno è in crescita: nel 2013 si stima che siano stati circa 200 mila gli italiani andati all'estero per cure, per un fatturato da 584 milioni (+8,7% rispetto al 2012), cifre che posizionano peraltro l'Italia tra le nazioni ancora poco coinvolte dal fenomeno, che per ora vede tra i principali Paesi "esportatori" l'Inghilterra e la Francia.
Gli italiani che si recano all'estero per vari motivi sanitari prediligono la Croazia (16,7%), l'Ungheria (14,6%) e la Romania (13%), paesi ricercati soprattutto per le cure odontoiatriche.
Un settore che addirittura beneficia della congiuntura economica sfavorevole non poteva non attirare gli interessi commerciali, e così stanno già fiorendo i "pacchetti" tutto compreso che offrono vacanze non solo di evasione e divertimento, ma anche terapeutiche in mete esotiche come la Thailandia o l'India, due fra i primi paesi a compiere forti investimenti in questo campo raggiungendo ottimi livelli qualitativi, o le Mauritius o la Turchia.
Il fenomeno dilaga anche in un paese avanzato come la Germania, che è diventata la quarta destinazione nel mondo per turismo medico, soprattutto grazie a Berlino, preceduta solo dall'India, dalla Thailandia e dagli Stati Uniti.
Nonostante il boom e i progressi ottenuti da molti paesi rispetto a qualche anno fa, il giudizio sul settore rimane controverso sotto diversi aspetti . La principale obiezione è la disparità delle cure erogate da costose strutture private rispetto a quelle pubbliche disponibili per i normali cittadini. In secondo luogo, le leggi che disciplinano i trattamenti, soprattutto quelli di fertilità, sono quasi inesistenti in alcuni paesi, e non ci sono regole che limitino l'età della madre o il numero di embrioni impiantati.
Fenomeni come la maternità in outsourcing nei paesi poveri sono eticamente discutibili, per non parlare dell'oscuro mercato del trapianto di organi. E' indispensabile che in futuro siano messi in atto, anche tramite accordi internazionali, limiti e normative al fine di proteggere i pazienti così come la forza lavoro dei fornitori di servizi.
Solo allora l'industria potrà fregiarsi del termine di "salute globale".
© Riproduzione riservata