Il Partito democratico dovrebbe dedicarsi un po’ al «pessimismo della ragione». Nato troppo in fretta e sempre in affanno, aveva (forse ha ancora, ma bisogna credergli sulla parola) un’idea forte: raccogliere il meglio della tradizione cattolica, comunista, laica e socialista, per unificare «popoli» che – pur divisi dalla Guerra fredda – hanno sempre avuto un comune sentire nella Costituzione, che si sono educati nell’esercizio concreto della democrazia, che sono stati fianco a fianco nella Resistenza e poi di nuovo contro il terrorismo negli anni Settanta e Ottanta.
L'idea, il progetto, ha ancora il suo fascino, ma per il momento si vedono solo ex comunisti ed ex democristiani che bisticciano o si mescolano in nuove correnti. Ecco perché il Partito democratico - se vuole candidarsi al governo del Paese - dovrebbe fermarsi a riflettere, farsi alcune domande e cercare al più presto un briciolo di risposte. Solo dopo un'analisi seria, affilata e dolorosa, si può elaborare una strategia politica, darsi un obiettivo che sia ragionevole e appassionante. Solo così ha senso cimentarsi con l'«ottimismo della volontà».
Invece, dopo aver perso anche le ultime elezioni e aver esultato per non essere scomparso, attestandosi a un dignitoso e inutile 26% di consenso nazionale, il Partito democratico si è subito gettato a capofitto nell'attività che gli riesce meglio: bisticciare - come al solito - per la conquista della segreteria, senza spiegare cosa si vuole fare e soprattutto come realizzarlo. Questa volta c'è un'aggravante: Veltroni e D'Alema non si scontreranno direttamente ma per interposta persona, così i colpi bassi saranno più vischiosi e dolorosi. Facciano pure, ma milioni di italiani, di centrosinistra e di centrodestra, continuano a farsi domande e aspettano risposte, senza le quali non andranno più a votare o voteranno malvolentieri o per dispetto. Propongo, allora, dieci domande (ma potrebbero essere cento).
1) Come si fa a dire, passando dal 33 al 26%, che il Pd ha quasi vinto, solo perché i sondaggi di Berlusconi lo avevano quasi cancellato?
2) Come si spiega la sconfitta in zone del paese storicamente governate dalla sinistra - in Emilia, in Toscana, nelle Marche, in Umbria, a Prato, a Venezia -, che passano alla Lega e ai suoi alleati?
3) Come si spiega che una «giovanile» Debora Serracchiani, inserita fortunosamente nelle liste per le europee, abbia fatto il pieno di preferenze battendo alla grande i candidati «ufficiali» del partito e lo stesso Berlusconi?
4) Siamo sicuri che Serracchiani, ormai destinata a occupare tutte le caselle del Pd, se non avesse avuto la fortuna di dire quattro sensate banalità di fronte a Franceschini e non fosse stata «lanciata» da You Tube, sarebbe stata candidata lo stesso?
5) Perché il Partito democratico non ha esercitato quel sistema (ambiguamente) democratico delle primarie per selezionare un pezzo di classe dirigente da mandare in Europa?
6) Non crede, il Partito democratico, che le sue risposte alla crisi e alle paure degli italiani (disoccupazione, precariato, migrazioni, scuola, tasse, concorrenza) debbano essere rimodulate ascoltando davvero i cittadini (Prato docet)?
7) Non si è accorto, il Partito democratico, che la sua classe dirigente viene percepita come «casta» - peggio ancora, come una «nomenklatura» inamovibile?
8) Non si è accorto, il Partito democratico, che tutti i suoi candidati alla segreteria, evidenti e occulti (Franceschini, Bersani, Veltroni, D'Alema, Rutelli...), pur seri e bravi, sono stati più volte sconfitti, hanno perso milioni di voti, hanno attorno a sé un'aria di déjà vu, non emozionano, non fanno sognare - do you remember Obama? - e non sono sufficientemente credibili quando promettono rinnovamento?
9) Non ha capito, il Partito democratico, che per fare davvero politica non può aspettare che quell'anziano farfallone amoroso che ci governa da anni senza avere senso dello Stato e della misura, che divide il paese, la magistratura e la stampa tra buoni e cattivi, diventi sempre più decrepito e si ritiri per decenza, rinunciando all'enorme potere che tanto lo diverte?
10) Non pensa, il Partito democratico, che diventerà credibile solo quando si dimostrerà davvero riformista nei programmi e rivoluzionario nel metodo (Berlusconi, a suo modo, lo è stato), rendendo ben visibile un rinnovamento profondo, cercando e valorizzando quella classe dirigente che già esiste - fatta di giovani e vecchi, diffusa sul territorio e dentro la società, che magari se ne va all'estero a fare ricerca, che non ride alle deprimenti barzellette del nostro premier, che ha dimostrato di saper lavorare, pensare, studiare, insegnare, innovare per tenere a galla, nonostante tutto, questa nostra Italia, che vorrebbe regole certe e meno burocrazia, che vorrebbe eguaglianza delle opportunità e premio del merito?
Naturalmente, tutte queste sono domande retoriche, ma resta che milioni di italiani vorrebbero conoscere le risposte per decidere, la prossima volta, se e per chi andare a votare. Poi, si può vincere o perdere, ma bisognerebbe almeno provarci.
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