Una volta, negli anni Ottanta, per investire bisognava prima raccogliere il denaro di decine di migliaia di persone. Si convincevano i risparmiatori che avevano pochi denari a sottoscrivere le quote di un fondo comune.
Un primo cambiamento, negli anni Novanta, furono le gestioni patrimoniali in fondi che potevano muovere i flussi più velocemente. Si travasava una parte di un fondo monetario in un fondo azionario, senza bisogno di dovere convincere i risparmiatori a investire in azioni uno a uno.
Oggi tutto è ancora più veloce. Pochi e giganteschi operatori possono spingere i mercati nella direzione voluta, chiedendo delle linee di credito se vogliono “andare lunghi” (ossia l’operazione con cui si guadagna se i prezzi salgono), oppure chiedendo in prestito titoli se vogliono “andare corti” (ossia l’operazione con cui si guadagna se i prezzi cadono). Sia che i grandi operatori puntino al rialzo sia che puntino al ribasso, alla fine, per guadagnare, devono vendere i titoli nel caso delle operazioni lunghe e comprarli nel caso di quelle corte.
Tuttavia, questi operatori producono oscillazioni, ma non determinano il corso dei prezzi. Il corso dei prezzi si forma, infatti, nel più lungo periodo sotto l’impulso dell’economia reale e dei risparmi delle famiglie (1).
Adesso siamo nella fase in cui i grossi operatori determinano il corso dei prezzi del debito pubblico, con il corso dei prezzi delle azioni, che si muove di conseguenza. Possono buttare giù facilmente il corso dei titoli di stato italiani.
Ci sono tre meccanismi che li favoriscono: 1) la mancanza di una moneta propria; 2) le vendite degli operatori passivi; 3) le vendite delle banche che sono oberate dai titoli tossici. Per i dettagli dei tre meccanismi si veda: (2), (3), (4).
Non possiamo dire che oggi siamo in presenza di un mercato, almeno nella sua accezione comune. Il mercato concorrenziale è un luogo dove nessuno influenza il prezzo. Oggigiorno, invece, alcuni influenzano più degli altri i prezzi. Perciò lo scetticismo nei confronti delle concentrazioni bancarie non è necessariamente il frutto di una mentalità “statalista”. Uno che crede che i mercati non concentrati consentano di scoprire le informazioni meglio dell’economia di piano e che crede che i mercati non concentrati aiutino ad avere una migliore divisione dei poteri ha, infatti, una mentalità “liberale”.
L’Italia si trova stretta fra gli operatori che possono buttar giù i prezzi delle obbligazioni grazie all’agire dei tre succitati meccanismi e la Germania che non vuole aiutare l’Italia fino a quando non si avrà la certezza che i suoi conti siano in ordine (5).
Il governo Monti sta varando la manovra sotto la pressione dei mercati, non avendo certezza che, poi, la Germania ci aiuterà. Qui sta il punto e la scommessa del governo. Una manovra di correzione basata sugli incrementi delle imposte e la riduzione delle spese non aiuta nel breve termine la crescita economica. L’idea che la manovra restrittiva possa aiutare la crescita si basa, infatti, sull’assunto che, se il costo del debito pubblico torna sotto controllo, in futuro le imposte potranno scendere. Insomma, se non salgono oggi, saliranno domani, allora è meglio che salgano oggi e scendano domani.
Il vento impedisce alla flotta ferma in Aulide di muoversi. Se, però, Ifigenia viene immolata, torna il vento (6). La crisi impedisce all’Italia di muoversi. Se i protetti e i tartassati vengono in parte immolati, torna il vento.
Possiamo dire che i governi precedenti si aspettavano che, come nella tragedia di Euripide, una cerva prendesse le sembianze di Ifigenia, che così non veniva immolata, fra la felicità di tutti. Ora si è visto che la cerva non c’è.
(1) http://www.linkiesta.it/finanza-economia-reale
(2) Il-fattore-sb-e-lo-spread.html
(3) Gli-automatismi-e-i-debiti-publici-.html
(4) Meccanismi-che-indeboliscono-il-btp.html
(5) Il-salvataggio-delleuropa-e-il-problema-del-free-rider.html
(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Ifigenia_in_Aulide
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