Senza di essa un sistema sociale non può progredire e ne abbiamo ormai la prova schiacciante. Solo la meritocrazia consente il ricambio generazionale in senso virtuoso, in quanto stimola la naturale competizione, mettendo in circolazione la parte migliore della preparazione che ciascuno sviluppa nel corso della propria esistenza. Senza la meritocrazia una nazione muore e lo fa indipendentemente dalla crisi finanziaria: anzi, in momenti come questi la società rischia di smarrirsi proprio perché non ha al suo interno gli anticorpi, generati dall’applicazione del principio del merito, che la aiuterebbero a dare impulso alla rinascita.

Si pensi, ad esempio, alla cosiddetta “fuga dei cervelli”, al sistema baronale, ai fenomeni di nepotismo, alle difficoltà che si incontrano nell’avviare le attività imprenditoriali: alcuni tra i tanti problemi ci trasciniamo da anni, che causano e generano al contempo le note inefficienze del nostro Paese.

Anche se non nel breve periodo, una realtà più competitiva e meritocratica consentirà una progressione virtuosa della società e che soprattutto renderà più rapida la risposta alla crisi.

La questione è soprattutto culturale: una svolta realmente liberale deve oggi passare, in prima istanza, nella modificazione dei rapporti tra le persone e l’autorità pubblica, che deve essere meno “ingombrante”, non solo autoritaria e punitiva, ma anche e soprattutto di aiuto nel sostenere la libera impresa e l’iniziativa di chi intraprende nuove attività.

La crescita è ai primi posti nell’agenda del nuovo governo. Ma per realizzarla occorre che l’esecutivo realizzi l’obiettivo di “rinsaldare le relazioni civili ed istituzionali fondandole sul senso dello Stato”, come ha detto il Premier in Senato. Il governo ha una mission finanziaria, decisamente impegnativa, ma non può fermarsi a quella: deve offrire una prospettiva meritocratica e liberale con riforme che diano fiducia soprattutto ai giovani. Il fatto che sia un esecutivo di forte estrazione universitaria fa ben sperare, perché i “ministri professori” conoscono da vicino chi si prepara per entrare nel mondo del lavoro, con idee e progetti nuovi da realizzare.

Non c’è altra alternativa che questa, anche se le nubi della crisi sono sempre grigie e dense. Del resto, Lindberg decollò in una giornata di pioggia.