Lo spread è entrato nella vita di tutti i giorni. È vissuto come se fosse un giudizio oggettivo sulle virtù e i difetti dei paesi. Sicuro che sia così?

Che sia un giudizio senz'altro, che sia pure oggettivo, c'è da dubitare. Lo spread a 500 punti base non ha alle spalle un ragionamento molto solido, eppure si è formato e persiste. La ragione è che si hanno dei meccanismi che, in tempi di crisi, sfavoriscono il debito italiano e favoriscono quello tedesco.

Lo spread è esagerato

Lo spread è la differenza di rendimento fra due titoli di stato della stessa durata, per esempio la differenza fra un BTP e un Bund a dieci anni. Maggiore la differenza, maggiore il premio per il rischio. Per esempio, se lo spread è del 5% (o, come si dice, di 500 punti base) fra il BTP che rende il 7% e il Bund che rende il 2%, si ha quest’andamento: chi compra il BTP e spende 100 euro, dopo dieci anni, si trova 170 euro (saltando il calcolo con i rendimenti composti), ossia 100 euro di capitale e 70 euro (7%x10) di cedole cumulate. Col Bund si trova ad avere 120 euro.

La differenza è enorme. I due titoli sarebbero, infatti, simili se e solo se il BTP, invece di essere  rimborsato a 100 euro, fosse rimborsato a 50 euro. Infatti: 100 + (7%x10) = 170 - 50 = 120, che è il rendimento nel periodo del Bund. In altre parole, con lo spread di 500 punti base si ha una previsione implicita che alla scadenza il titolo italiano sarà rimborsato solo per la metà. In altre parole ancora, il premio per il rischio corrisponde a una parziale insolvenza del Tesoro italiano. Oppure, altra ipotesi, che alla scadenza il BTP sarà rimborsato in lire e non in euro, con la lira che cambia con il marco con una svalutazione pari al 5% cumulato per dieci anni.

Si tenga conto che due titoli del Tesoro, emessi nella stessa moneta da paesi egualmente solventi, deve avere lo stesso rendimento, ossia lo spread deve essere pari a zero. Quando si osserva uno spread del 5% si ha perciò un giudizio che è di parziale insolvenza del Tesoro italiano, o di solvenza, ma in lire. Nei commenti sullo spread quasi mai si scava per capire il significato di uno spread di questo tenore. Se si facesse, dubito che qualcuno sarebbe d'accordo con il giudizio che l'Italia sarà
insolvente sul debito al 50%, oppure che si torni alla lira che si svaluta del 50% sul marco. Si avrebbe, infatti, una ripresa delle esportazioni in Italia e una crisi dell'industria tedesca. E dunque il gettito fiscale italiano aumenterebbe, mentre quello tedesco scenderebbe. Il debito pubblico italiano tornerebbe tonico e quello tedesco sarebbe mal messo.

Insomma, lo spread a 500 punti base non ha a suo sostegno un ragionamento molto solido. Eppure c’è. Per quale ragione?


L’Italia ha tre handicap e non ha una banca centrale

I motivi vanno ricercati in meccanismi che, in tempi di crisi, sfavoriscono il debito italiano e  favoriscono quello tedesco.

I meccanismi maggiori che deformano l'andamento del BTP (al ribasso) e del Bund (al rialzo) sono tre.

- I paesi che non hanno una moneta propria e non hanno una banca centrale che interviene diventano facilmente vittime delle operazioni al ribasso, quelle in cui si guadagna con la caduta dei prezzi (1).

- I paesi che hanno emesso meno debito pubblico sono vittime dei disinvestimenti degli operatori detti passivi, quelli che investono riproducendo gli indici (2).

- I paesi con un giudizio delle agenzie di rating che non sia il massimo (la famigerata “tripla A”) vedono il proprio debito pubblico venduto delle banche che hanno i portafogli pieni di titoli privati di bassa qualità; lo scopo delle vendite di titoli italiani e di acquisto di titoli tedeschi è quello di alzare la qualità dell'attivo come media fra titoli a tripla A e titoli “spazzatura”, che sono invendibili (3).

Se non si ha un prestatore di ultima istanza (ossia una banca centrale), per l’agire dei tre meccanismi si può finire in un percorso di avvitamento. I rendimenti salgono (i prezzi delle obbligazioni scendono). I maggiori rendimenti rendono più difficili le correzioni dei conti pubblici, perché aumenta l’onere degli interessi e dunque le manovre diventano più difficili da attuare. Gli investitori – diventati più scettici - vendono ancora, e perciò fanno cadere ancora i prezzi (4). Insomma, si ha una profezia che si auto invera.

Il (non) ruolo della Bce

Se una banca centrale intervenisse fissando i prezzi delle obbligazioni, l’avvitamento descritto non avrebbe modo di svilupparsi. Ma l’Italia non ha una propria banca centrale che possa operare in acquisto.

Dai tempi del “divorzio” fra la Banca d’Italia e il Tesoro – un evento di trent’anni fa - questo strumento non è più a disposizione. La banca centrale che potrebbe farlo è quella europea. Essa da qualche tempo compra i titoli italiani, ma non mai dichiarato che comprerà tutti quelli che servono per fissare il prezzo. Per questa ragione fino ad ora si è avuto un freno nel dispiegarsi dell’avvitamento, ma non la sua fine (5).

La Banca centrale tedesca, invece, compra i titoli del Tesoro germanico quando necessario e poi li rivende. L’ha fatto questa settimana, quando l’asta dei Bund è andata male. Non fissa il prezzo delle obbligazioni, non può farlo per statuto, ma, per così dire, “lo accompagna”.

Non ci fossero i tre meccanismi e ci fosse una banca centrale, quale sarebbe lo spread? Non è possibile quantificare con una qualche precisione, ma è ragionevole pensare che sarebbe di molto inferiore a quello di oggi. Prima di questa estate – prima che scattassero le vendite e poi l’avvitamento – lo spread era intorno ai 200 punti base. L’avvitamento vale perciò 300 punti.

 

(1)
http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/asset-allocation-economiacentroeinaudiit-100/1276-il-fattore-sb-e-lo-spread.html

(2)
http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/ricerche-economiacentroeinaudiit-99/1277-gli-automatismi-e-i-debiti-publici-.html

(3)
http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/asset-allocation-economiacentroeinaudiit-100/1328-meccanismi-che-indeboliscono-il-btp.html

(4)
http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/commenti-economiacentroeinaudiit-98/748-la-legittimit-dellindustria-finanziaria.html

(5)
http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/ricerche-economiacentroeinaudiit-99/1336-il-btp-stilizzato.html