In realtà, bisognerebbe fare tre cose, tutte difficili.

La prima è il prelievo sui redditi/patrimoni più elevati, destinato ad abbattere lo stock del debito e/o a finanziare la crescita.

La seconda l’intervento sulle pensioni, che darebbe un segnale sulla volontà di garantire la sostenibilità di medio/lungo periodo del debito.

La terza, che renderebbe accettabili le prime due, un taglio drastico alle indennità parlamentari. Tutto il resto – abolizione delle province, spending review, riforma fiscale e del welfare – è indispensabile, ma viene dopo.

Anche la legge elettorale, a ben pensarci, è un falso problema.  Per orripilante che sia la normativa attuale, se non fosse scientemente utilizzata “a fin di male” potrebbe comunque produrre un ceto parlamentare accettabile: d’altronde, le preferenze furono abolite da un referendum più o meno per le stesse ragioni per le quali oggi se ne chiede la reintroduzione. Senza contare il fatto che la Germania vota da sempre con liste bloccate, e riesce a eleggere una classe politica decente, o molto meno indecente di quella italiana.

Ma tant’è. A questo punto sono possibili tre scenari, in ordine di  probabilità decrescente, nessuno dei quali particolarmente confortante.

1) Per evitare il referendum (e perché la maggioranza è comunque debolissima), si vota a marzo o giù di lì, con l’attuale legge elettorale.

2) Sempre per evitare il referendum, si trova un accordo per modificare la legge elettorale e si vota a maggio o giù di lì.

3) Si tira a campare, si fa il referendum e si aspetta fino al 2013 per votare.

Tutto questo a condizione che i mercati finanziari tengano, che gli interessi sul debito non si impennino, che non esploda lo scontento di piazza, che la stagnazione economica attuale non viri in recessione pesante... E chi potrebbe sensatamente escludere il verificarsi di una o più di queste circostanze?

Un’alternativa, per la verità, ci sarebbe: che la maggioranza e l’opposizione – ma anche le mille categorie e caste e corporazioni italiane – smettano di parlare d’altro (principalmente, ciascuno di se medesimo e dei propri interessi) e prendano atto della situazione. A quel punto, si potrebbero prendere (non importa con quale governo, anche il governo cosiddetto “istituzionale” è un falso problema) quelle tre misure di cui sopra, o qualcosa di simile, così da voltare pagina, o almeno cominciare a farlo.

Ma, appunto, il problema è: le mele matureranno e cadranno, o sono destinate a marcire sul ramo, e noi con loro?