Un dato che, se rapportato al complesso degli investimenti italiani all'estero per il medesimo anno (404,855 miliardi), ha un peso pari all'1,07%. Una percentuale su cui riflettere, posto che, in termini assoluti, l'Italia non è un piccolo investitore, (il 12° al mondo per stock nel 2008, il 10° nel 2009): infatti, essa rappresenta appena lo 0,48% del totale dello stock di investimenti stranieri nella RPC, rispetto all'1% della Francia, all'1,68% della Germania e all'1,75% del Regno Unito.

5. L'orizzonte delle relazioni commerciali bilaterali è però destinato a evolvere, perché il recente piano quinquennale varato da Pechino prevede la transizione dell'economia cinese verso un assetto maggiormente sostenuto dalla domanda interna. Al di là di eventuali interventi finanziari ad hoc, è proprio dalla liberazione dell'enorme potenziale di consumo represso dei cinesi che può venire il contributo più strutturale della Cina per il superamento della crisi che dal 2008 attanaglia Usa ed Europa. Nella logica dell'asincronia di opportunità che ha caratterizzato i rapporti commerciali tra Italia e RPC, il successo della trasformazione del sistema economico e di Welfare cinese aprirebbe una finestra di opportunità del tutto inedita. Secondo proiezioni del Centro studi di Confindustria, il consumo privato nella RPC potrebbe crescere nel volgere di un quinquennio dal 36% del PIL registrato nel 2010 al 45%, toccando il 50% alla fine del decennio.

Ne conseguirebbe un aumento esponenziale del consumo da parte del segmento più benestante della società cinese, che passerebbe da 981 miliardi di dollari nel 2010 (il 2,6% del totale del consumo mondiale) a 2.442 miliardi nel 2015 (5,4%), a 5.575 miliardi nel 2020 (oltre il 10% del totale mondiale). L'ormai ex Istituto per il Commercio Estero stima in oltre 120 milioni i "nuovi ricchi" che popoleranno il mercato globale entro il 2015, il 32% dei quali saranno localizzati nella RPC, soprattutto nelle province costiere. Questo dato, unito al ruolo sempre più centrale delle donne nelle società dei paesi emergenti, costituisce un'opportunità in particolare per il "lusso accessibile": prodotti dei settori alimentare, arredamento, calzature, abbigliamento e accessori realizzati con materiali di qualità e design, al netto della fascia del lusso più elevata. Il consumo di questo genere di beni, pari al 14% dell'export italiano, è previsto in espansione di circa il 46% in prezzi costanti tra il 2009 e il 2015, una crescita trainata per metà da paesi non-OCSE, Cina in testa.

6. L'auspicio è, dunque, che l'agenda per la crescita del Governo Monti non trascuri azioni che favoriscano il consolidamento dimensionale delle imprese (meno enfasi sulle piccole e micro, e più sulle medie), la facilitazione – anche attraverso riformati canali istituzionali – della loro proiezione verso Paesi "complessi" come la Cina, lo stimolo di una cultura della formazione universitaria integrata al servizio di operatori internazionali d'impresa già esposti alle logiche del mercato globale durante il percorso di studi.

Un'agenda troppo ambiziosa? No: "Anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo", diceva Lao Tse, e le dinamiche appena descritte sono ancora in fase di maturazione in Cina.

Non arrivare di nuovo troppo tardi è possibile, volendolo.