La costituzione di una rete di sicurezza pubblica per la quasi totalità dei cittadini e la creazione di mercati finanziari globali furono due delle principali realizzazioni del XX secolo. Nel mosaico di paesi in cui era divisa l’Europa all’inizio del secolo, i mercati finanziari erano ancora di dimensioni ridotte: coinvolgevano l’Europa occidentale, gli Stati Uniti e forse, in certo qual modo, la Russia (per quanto la Russia sia rimasta in gran parte uno Stato patrimoniale, cioè di proprietà di una dinastia, e abbia racchiuso all’interno dei propri confini un gran numero di soggetti esclusi da quelle trasformazioni). Tuttavia, nel corso del secolo, numerosi stati si riunirono in grandi confederazioni, come l’Unione Europea, che comprendeva fra gli altri la Germania, l’Italia, la Grecia e i Paesi dell’Europa orientale, che si erano liberati dell’influenza russa per diventare tanti piccoli Stati nazionali. Nel 2012, i mercati finanziari, per effetto anche delle tecnologie informatiche introdotte da una ventina d’anni, erano divenuti pienamente globali.
Retaggi della storia come la preoccupazione tedesca per l’inflazione e l’attenzione verso un eccessivo ricorso alla leva finanziaria cominciarono a essere percepiti come reliquie del passato, e le regole tradizionali della finanza furono così messe in discussione, dall’interno, ossia dagli Stati che si indebitavano sempre più per sostenere le prestazioni di sicurezza pubblica, e, dall’esterno, ossia dalle grandi case finanziarie globali, ostili a qualunque regolazione pubblica della loro libertà di manovra. Da ciò deriva l’atteggiamento mostrato dalla Germania, improntato a una difesa aggressiva contro tali pericoli.
Non si tenne sufficientemente conto di un tratto caratteristico della Unione Europea: i suoi abitanti cessavano di essere cittadini di uno Stato per diventare cittadini di una federazione, ma con diversi diritti e doveri; tra questi doveri ve n’era uno che per i tedeschi aveva assunto un ruolo centrale: la difesa dell’economia nazionale contro i pericoli e le ambizioni esterne, vere o presunte; d’altro canto, fuori dalla Germania, fra i diritti veniva annoverato quello al benessere finanziato a debito, fosse questo pubblico o privato.
Certamente, le crisi economiche sono un elemento costante della storia, ma quest’idea così radicata aveva mascherato il fatto che il confronto tra Stati nazionali non avrebbe più avuto molto a che vedere con le crisi tradizionali, le crisi “circoscritte”. Non si trattava più di crisi dalle quali i popoli erano esclusi, ma di un conflitto che li avrebbe coinvolti, di cui sarebbero stati i “perdenti” e che avrebbe dato loro la sensazione di combattere per i propri interessi. Il servizio sanitario nazionale e, nel caso, i sistemi pensionistici pubblici erano due aspetti di questa nuova realtà. I popoli erano diventati “patrioti” nel senso nuovo del termine e né i politici, né i popoli stessi avevano immaginato gli effetti di questo cambiamento.
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