Si è sempre detto che i paesi meridionali sono la santabarbara finanziaria d’Europa, ma in realtà, attraverso il moltiplicarsi delle garanzie pubbliche, era tutta l’Europa a essersi trasformata in una santabarbara, senza che se ne avesse davvero coscienza. Esisteva l’idea che potesse scoppiare una crisi, ma erano pochi coloro che avevano intuito che sarebbe stato un evento ben diverso da quelli del passato.

L’aspetto più grave era costituito dall’atteggiamento dei politici di quegli Stati nazionali, i quali non si rendevano quasi conto della nuova situazione, spesso estranea alla loro formazione intellettuale. È pur vero che, un secolo prima, la Grande Depressione degli anni trenta del XX secolo e una serie di crisi finanziarie nazionali, da ultimo quella argentina, avevano rappresentato una sorta di anticipazione di ciò che si sarebbe verificato più tardi, ma non ne era stata tratta alcuna lezione. I politici repubblicani continuavano a ragionare secondo schemi che appartenevano al passato, all’epoca degli Stati nazionali: questa inadeguatezza rappresentava il più grande pericolo per la prosperità in Europa. Da un lato vi era un insieme di nazioni le cui economie e i cui sistemi finanziari erano così strettamente interconnessi che il disastro dell’uno avrebbe significato anche quello del vicino, ma in seno alle quali era cresciuto la diffidenza nei confronti dell’altro (il patriottismo, ribattezzato in questo caso rigore, induce spesso – quasi sempre – a percepire il vicino come uno scialacquatore); dall’altro, un gruppo di politici europei riteneva che fosse loro dovere dar prova di “fermezza”, e pensavano che regolare un contenzioso con i vicini, se necessario, attraverso l’uso della forza dei mercati fosse certamente un fatto deplorevole, ma pur sempre nella natura delle cose. “Difendersi” contro ciò che non poteva essere interpretato altrimenti che come un’aggressione era un indiscutibile dovere.

Questo non era lo stato d’animo di tutti gli europei. Esistevano in Europa forze potenti il cui obiettivo era una maggiore equità: le Chiese, in particolare, sentivano la necessità di vigilare contro gli eccessi della finanza. C’era anche il movimento operaio, la cui importanza continuava a decrescere in proporzione al contrarsi dell’industria; ma i dirigenti socialisti o sindacali erano convinti che il rischio di una crisi dipendesse dalle rivalità tra i capitalisti e non avevano compreso – o l’avevano intuito soltanto molto debolmente – che la causa dei conflitti si trovava, molto probabilmente, altrove, nelle contrapposizioni per la distribuzione delle risorse e dei sacrifici non più evitabili. Le masse consumatrici non erano preparate a opporvisi, perché non erano affatto convinte di non possedere altro che le loro catene come aveva dichiarato, un po’ troppo semplicisticamente, Karl Marx un secolo e mezzo secolo prima: gli operai e i dipendenti pubblici erano proprietari – e indebitati – come il resto della popolazione. Se fosse scoppiata una crisi, essi non avrebbero riconosciuto ciò che era stato loro predetto e si sarebbero schierati senza esitare a difesa di ciò che percepivano come i propri interessi.