Era, quindi, ineluttabile l’incendio della santabarbara europea? Non è detto. A lungo andare, le nazioni avrebbero potuto trovare un equilibrio pacifico, come era già successo in passato: tuttavia, sarebbe bastato che uno di questi Stati ritenesse di avere ragioni legittime, ragioni indiscutibili per “doversi difendere”, perché l’Europa prendesse fuoco, quasi per sbaglio, senza che fosse valutata l’entità del disastro. Fu questo il destino della Germania, verosimilmente perché l’esperienza del passato l’aveva resa particolarmente rigida e diffidente verso i paesi dell’Europa del sud. Dalla scintilla avrebbe potuto scaturire soltanto un fuocherello, ma l’incendio divampò in tutta Europa perché allora non vi era nessun politico saggio, intuitivo e dotato di sufficiente inventiva in grado di comprendere ciò che stava accadendo: ovvero che non si trattava più soltanto di trovare una soluzione a un problema tra vicini. La dimostrazione clamorosa di questa mancanza di comprensione è data dalla convinzione, diffusa all’epoca, che la crisi sarebbe stata sì terribile, ma di assai breve durata.
Avrebbe anche potuto essere così, eppure la crisi fu lunga, proprio perché non era più un problema limitato a un gruppo di istituzioni finanziarie o di Stati, ma coinvolgeva lo stesso modello su cui si era fondato il benessere e la convivenza in Europa».
Avviso al lettore
Questo è un pastiche, uno scherzo letterario, trattandosi di una perifrasi (i corsivi nel testo indicano le – poche – modifiche apportate) di alcune riflessioni sulle cause della Prima Guerra Mondiale scritte da Jean-Jacques Becker, 1914 – L’anno che ha cambiato il mondo, trad. it. Lindau, 2007.
È uno scherzo, ma non troppo.
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