Il Giappone ha sperimentato per davvero e per ben vent’anni le politiche economiche lasche, che adesso sono seguite in Occidente; inoltre, è la seconda economia al mondo; infine, esporta in Cina quanto negli Stati Uniti. Esso dunque dovrebbe, se la Cina cresce tanto, trarne frutto. Il suo mercato azionario, un fatto quasi mai menzionato ma molto importante, è fermo da mesi. In Giappone s’incomincia anche a discutere ufficialmente – a differenza di quanto avviene in Occidente – degli effetti che avrebbe sul costo del debito pubblico il rialzo dei rendimenti delle obbligazioni.
Negli ultimi anni non si è mai avuto un rialzo di borsa non accompagnato da un rialzo maggiore di quella giapponese. Nei modelli di allocazione degli investimenti azionari, il maggior «beta» – ossia la reattività di un’attività finanziaria rispetto alla media – del Giappone faceva sì che, quando i mercati salivano, si investiva di più in Giappone. Il Giappone è, infatti, molto reattivo ai cicli finanziari e reali, perché ha una borsa industriale (come la Germania, ma non come l’Italia dove pesano le banche e l’energia) ed è un paese esportatore (come la Germania e l’Italia). Questa volta non accade, la borsa giapponese è ferma. È un campanello d'allarme?
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